Il popolo di Facebook: «Alla Color run mancava il colore»

Giulia: «Polvere finita troppo presto». Alessia: «Ci hanno suggerito di rotolarci a terra per sporcarci»
Ragazzi si rotolano a terra alla Color Run: il colore è finito (Silvano)
Ragazzi si rotolano a terra alla Color Run: il colore è finito (Silvano)

TRIESTE Color (poco) Run. È il gioco di parole più utilizzato per descrivere la falla che si è evidenziata nella imponente macchina organizzativa che ha portato a Trieste la “5 chilometri più divertente del pianeta”. Evidentemente non tutti i 21mila color runner partiti dal Porto Vecchio hanno potuto godere della tanto attesa sbornia cromatica. Il loro malumore, a poche ore dalla fine dell’evento, si è riversato come un fiume in piena sulla pagina facebook del Piccolo e su quella creata ad hoc dagli organizzatori per pubblicizzare la manifestazione.

«Mi aggiungo ai numerosi che non hanno potuto godere appieno della festa - scrive la veneta Giulia Tollon - . Due primi punti colore senza più polvere, zero piano di sicurezza e poca animazione. Una delusione». Sono molti i punti critici segnalati da chi ha preso parte alla Color Run triestina. Forse qualche disguido andava pure messo in conto, considerata la portata numerica dell’evento. Sulle imprecise indicazioni per raggiungere la zona di partenza, ad esempio, più di qualcuno si dice disposto a chiudere un occhio, mentre sulla scarsità di colore lungo il percorso non si legge alcun segnale di indulgenza fra i diversi commenti postati a caldo dagli utenti.

«Una cosa dovevate fare - sottolinea sarcasticamente Chiara Papadia -. Portare il colore!». Un commento al quale si accoda il triestino Martin Paschini, che chiarisce di non aver mai speso peggio 25 euro, «per fare tre ore di fila e non trovare più il colore». Al danno si è aggiunta la beffa, secondo Alessia Cuttini: «Ci hanno suggerito di rotolarci a terra per sporcarci, quando lo staff addetto al lancio delle polveri appariva completamente colorato».

Sotto i riflettori non sono finite le compagnie del Carnevale muggesano, alle quali erano affidati i punti colore, e nemmeno l’associazione Bavisela che ha curato la logistica della tappa triestina. «Voi dello staff eravate tutti strepitosi», scrivono in molti. Qualcosa non deve avere funzionato a un altro livello, se le cinque postazioni hanno potuto disporre solo di pochi bidoni contenenti la farina di mais colorata. Eppure il sold out era stato annunciato da diverse settimane e quindi non si può chiamare in causa l’imprevedibilità di un tale afflusso di gente.

Più di qualcuno se l’è legata al dito, come nel caso di Patrizia Scott, la cui t-shirt, a fine corsa, appare completamente intonsa: «Questa è la seconda volta che partecipo - chiarisce -, ma vi assicuro che sarà anche l’ultima». L’analisi di Chiara Bisceglia è più articolata e spazia dall’assenza di controlli («Se portavo bottiglie di vetro piene di alcolici non importava a nessuno») alla carenza dei servizi: «Pochi i bagni chimici, scarse le indicazioni e le aree dove ripararsi in caso di pioggia». La sentenza definitiva è del friulano Fabio Fabro: «Buona la prima!», scrive alludendo alla passata edizione, «decisamente più fortunata».

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