Il plebiscito veneto allarga il patto a Front Furlan e nostalgici del Tlt
TRIESTE. L’indipendentismo si espande a macchia di leopardo. Dopo il Veneto, altri territori si sono mossi, o sono pronti a farlo, per rivendicare la propria sovranità. Gianluca Busato, leader di plebiscito.eu, l’organizzazione che ha promosso il referendum online in Veneto, sostiene che «l’inchiesta sul secessionismo è un boomerang per lo Stato perché sta ulteriormente facendo crescere il consenso verso l'indipendentismo». Un processo che, secondo Busato, è appena all’inizio: «Abbiamo contatti con la Sardegna, ma anche con Trieste e il Friuli, la Sicilia, la Lombardia».
Ieri l’esponente indipendentista veneto è intervenuto all’assemblea del Consiglio nazionale del Partito sardo d’Azione, che ha dato all’unanimità mandato al segretario Giovanni Colli di contattare tutte le forze indipendentiste sarde con il mondo delle associazioni e delle imprese per costituire un Comitato che avvii il percorso verso il referendum. «L’indipendenza favorisce la liberazione di energie che oggi invece è impossibile esprimere perché siamo succubi dello Stato italiano: ecco perché la Sardegna, come il Veneto, ha tutte le carte in regola per diventare uno Stato indipendente dall’Italia e funzionare perfettamente» ha affermato Busato che metterà «a disposizione la nostra piattaforma web per poter realizzare il referendum, per aiutare i sardi a liberarsi della partitocrazia italiana».
Ma di referendum si parla anche in Friuli dove l’indipendentista Adriano Biason ha tenuto un’assemblea a Codroipo nei giorni scorsi per avviare l’iter verso la consultazione popolare. Un’accelerazione che tuttavia non convince tutto il fronte indipendentista, a partire da Federico Simeoni, responsabile del movimento Front Furlan, che vede sì nel referendum e nell’indipendenza del Friuli un obiettivo da raggiungere però in tempi che non possono essere troppo brevi: «Bisogna calibrare tempi e modalità – spiega – perché Friuli e Veneto non sono uguali. In Veneto c’è un’esasperazione che da noi, considerata la specialità e i contributi regionali alle imprese che arrivano di conseguenza, è stata mitigata». Il rischio di farsi trascinare dall’esito del referendum in Veneto, secondo Simeoni, è quello di bruciare ogni possibilità di riuscita in Friuli: «Serve una forte campagna di informazione, senza farsi prendere dal folclore o da derive violente, ma portando avanti un percorso ragionato che trovi consenso nella popolazione. Il modello è quello della Scozia, dove prima di arrivare al referendum c’è stato un lavoro di tre anni. Cavalcare l’onda del Veneto rischia di ritorcersi contro le istanze indipendentiste».
E a Trieste? Il Movimento Trieste Libera non affiancherà veneti, sardi e friulani nella strada della consultazione popolare. «Portiamo avanti in maniera lineare quanto abbiamo sempre dichiarato. – afferma il portavoce Roberto Giurastante – Abbiamo formalizzato un ultimatum il 10 febbraio, annunciando la dichiarazione di indipendenza del Territorio Libero di Trieste entro la fine dell’anno. Referendum? Non ne abbiamo bisogno, semmai deve essere lo Stato italiano a dimostrare che il Tlt fa parte della Repubblica Italiana».
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