Il piano emergenza passa e salva Grado

TRIESTE. Fuori le proteste, dentro le trattative. Alla fine della mattinata il Piano che ridisegna la gestione dell’emergenza in Friuli Venezia Giulia passa in commissione Sanità, pronto per la stesura definitiva in giunta. L’assessore Maria Sandra Telesca fa dietrofront solo su Grado, tra le tante richieste dei Comitati di cittadini, riuniti sotto il Consiglio regionale per dire no al documento. Nella cittadina, importante centro turistico regionale, restano tali e quali ambulanze, infermieri e ambulatori. «Sentiti i tecnici, fatte le dovute valutazioni, Grado rimane com’è anche perché è oggetto di intervento nella fase di implementazione della riforma con il Centro di assistenza primaria. Solo alla luce di ciò sarà possibile rivedere tutto. Ma con le amministrazioni locali» garantisce Telesca.
Resta invece il punto interrogativo sulla collocazione dell’unica automedica prevista per l’Isontino: «Che lì ci debba essere un mezzo è un dato di fatto. Che sia a Gorizia o a Monfalcone, visto che si tratta della stessa Azienda, sono valutazioni da fare» afferma l’assessore. Ricordando che mezzi sono stati aggiunti dove finora mancavano, quindi a Tolemezzo, Latisana e Pordenone. Un progetto complessivamente «innovativo», rivendica ancora Telesca rispondendo in commissione ai consiglieri e, indirettamente, ai Comitati in piazza: «Andiamo molto avanti rispetto all’attuale sistema che già funzionava, ma che necessitava di opportuni interventi sulle criticità. Come la zona della montagna, della Pedemontana del Pordenonese. Posso dire che, complessivamente il rapporto costi-efficacia trova un equilibrio. Importante sarà il monitoraggio, quindi dopo aver attivato il Piano cercheremo di capire con i dati quanto siamo migliorati e cosa si può ancora cambiare».
Ma i Comitati dell’Isontino, di Gemona, Latisana, Cividale e Grado sono sul piede di guerra da tempo. Ieri hanno ripetuto, con tanto di striscioni, le loro ragioni. Temono un depotenziamento del sistema, soprattutto nel Gemonese: «Lì la seconda ambulanza diurna, per volontà aziendale, svolge prioritariamente trasporti, dimissioni e trasferimenti urgenti, non solo per l’ospedale di Gemona (in cui peraltro si critica la scelta di trasformare il Pronto soccorso in Punto di primo intervento, ndr) ma pure per quello di Tolmezzo. Solo se disponibile viene impiegata per l’emergenza. Concretamente si vogliono eliminare due mezzi e non uno, visto che quello notturno è stato tolto sperimentalmente già nell’aprile 2014». Il nuovo assetto, inoltre, «non garantisce i tempi di soccorso previsti dalla normativa nazionale, vale a dire venti minuti negli interventi extraurbani». Pressing pure per collocare un’automedica a Gemona, ancora, in modo da servire la zona di San Daniele e di Tarcento.
Ma è soprattutto l’Isontino ad agitare i cittadini, come rimarcato da Anna Maria Cisint dell’associazione Monfalcone Domani: salvata Grado, resta la preoccupazione per la cancellazione di un’automedica tra Monfalcone e Gorizia. «Stiamo parlando di un territorio che va da Duino-Sistiana fino a Doberdò e il Vallone – insiste Cisint – dal Collio alla Laguna. Un’area grande in cui c’è il porto, l’aeroporto e la cartiera, ad esempio. Il rischio è di non riuscire a coprire adeguatamente i codici rossi e gialli. Questo Piano dimostra la non conoscenza del territorio, è imprudente e svilisce la nostra zona». In piazza chi protesta porta l’esempio dell’Abruzzo, una regione che conta su un numero di abitanti simile al Friuli Venezia Giulia. Lì, si fa notare, il numero delle ambulanze è raddoppiato, passando da diciotto a trentasette. «Il piano non è stato fatto per tagliare i costi, anzi, costerà di più. Ricordo – osserva Telesca – che aggiungiamo nel Piano quaranta infermieri qualificati, la certezza degli equipaggi e delle afferenze alle patologie. Con ciò intendo dire che il cittadino sarà sicuro di essere trasportato davvero dove serve. Io non mi sono mai sottratta al confronto, ma vanno accettate le proposte con motivazioni solide».
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