Il piano di evasione studiato da giorni

Un detenuto ha chiamato la guardia con la scusa di avere acqua calda La mente il killer di Trieste Console. Nella stessa cella due assassini
Di Franco Femia
Bumbaca Gorizia 11.02.2011 Carcere via Barzellini
Bumbaca Gorizia 11.02.2011 Carcere via Barzellini

Era stata studiata da giorni dai tre detenuti in attesa di giudizio la tentata evasione dal carcere di via Barzellini. Mente di questo progetto sarebbe Giuseppe Console, 23 anni, uno dei due assassini di Giovanni Noacco, che ha trovato poi la complicità dei monfalconesi Massimiliano Ciarloni, 33 anni, che una settimana fa ha ucciso Eugen Melinte, e Bruno Esposito, 23 anni, con alle spalle alcune rapine.

Hanno scelto le ore serali, quando all’interno della casa circondariale il turno prevede la presenza di un numero minore di agenti. Ed hanno scelto con cura anche la loro vittima, l’agente Francesco Santoro, quarantenne, considerato tra i più comprensivi e disponibili verso i detenuti. Ma il progetto è andato a vuoto perchè Santoro, pur pesto e dolorante, ha avuto una pronta reazione che ha permesso l’intervento dei colleghi.

Tutto è iniziato verso le 19 di domenics quando, nella cella 4 al secondo piano dell’istituto di pena di via Barzellini, occupata da cinque detenuti. Oltre a Console, Ciarloni ed Esposito, c’erano due stranieri che non hanno partecipato all’aggressione ma che sono risultati preziosi testimoni di quanto accaduto. A quell’ora Esposito a gran voce ha chiamato l’agente in servizio. Il pretesto era di avere un po’ di acqua calda, che i detenuti prelevano con un secchio dalle docce perchè nei rubinetti delle celle scorre solo quella fredda. Poco dopo la porta della cella si è aperta ed è apparso Santoro. L’agente è stato trascinato nella cella ed è iniziata la brutale aggressione con Console che, gridando «qui comandiamo noi», armato di un pezzo di legno ricavato dal piede di un tavolino, ha cominciato a bastonare senza pietà Santoro colpendolo duramente alla testa e alle ginocchia e provocandogli lesioni giudicate guaribili in 40 giorni. I medici lo hanno anche trattenuto una notte in ospedale in osservazione per la botta ricevuta alla testa.

Mentre Console menava i fendenti, Ciarloni e Esposito trattenevano Santoro per le braccia e cercavano di tappargli la bocca per non farlo gridare. L’obiettivo era quello di immobilizzare l’agente e trascinarlo in un vicino magazzino dove, sotto minaccia, avrebbe dovuto chiamare il capoposto. Nella mente dei tre anche questo sarebbe stato gambizzato e, ottenute le chiavi, avrebbero avuto via libera per evadere utilizzando il portone principale di via Barzellini.

Ma il blitz è fallito per la pronta reazione di Santoro che è riuscito a lanciare il mazzo di chiavi nel corridoio e far accorrere i suoi colleghi. In breve sono riusciti a immobilizzare i tre che sono stati poi rinchiusi separatamente nelle celle di isolamento, dove erano fino a ieri in attesa del loro trasferimento in un altro carcere della regione. Per Console si parla del Coroneo di Trieste, per Ciarloni e Esposito quello di Tolmezzo. A chiedere il loro allontanamento, oltre al regolamento penitenziario, sarebbero stati anche gli altri detenuti - ieri nel carcere goriziano se ne contavano 44 - a dir poco imbestialiti per il gesto compiuto da Console e dai suoi due soci, gesto che va a rendere il clima più pesante di quello che c’è già all’interno della casa circondariale.

Su quanto accaduto sono state aperte due indagini, quella amministrativa interna all’istituto e quella penale da parte della Procura della Repubblica di Gorizia coordinata dal sostituto procuratore Giuseppe Salvo. C’è da domandarsi anche perchè Console e Ciarloni, indagati di un reato gravissimo qual è l’omicidio, siano finiti nella stessa cella.

Ciarloni, Console ed Esposito rischiano ora di dover rispondere di tentata evasione, sequestro di persona, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni: un altro processo che va ad aggiungersi a quello per cui si trovano in carcere, omicidio volontario per Console e Ciarloni, furti e rapine per Esposito.

Ma il brutale gesto compiuto domenica va ad appesantire le loro condizioni di detenuti in attesa di giudizio. In particolare per Ciarloni si è giocato la chance di ottenere dal Tribunale del riesame una misura cautelare meno afflittiva di quella del carcere. Ora per lui le porte del carcere resteranno a chiuse a lungo, almeno fino al processo per l’uccisione dell’idraulico Melinte.

Intanto sulla brutale aggressione a Santoro c’è da registrare una nota congiunta delle quattro organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria che «nel riconoscere l’alta professionalità degli operatori, che con sacrificio mantengono l’ordine e la sicurezza all’interno degli istituti penitenziari pongono l’accento sulla necessità di trovare soluzioni rapide e idonee al mondo pentenziario» che soffre carenze di organico e strutture fagtiscenti.

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