Il piano della Regione Fvg per incentivare l'assunzione dei voucheristi

Incentivi alle imprese che assumeranno i lavoratori pagati con i ticket: la Regione garantirà una cifra di 1-2.000 euro in caso di contratto a tempo determinato e di 4-6.000 per il tempo indeterminato. La misura è dedicata a chi, nel corso dell’anno passato, abbia percepito dalla medesima impresa almeno mille euro in buoni
Un' immagine di un voucher, Roma, 11 gennaio 2017. I voucher sono dei buoni lavoro erogati dall'Inps con cui il datore di lavoro puo' pagare alcuni tipi di prestazioni accessorie, cioe' che non sono riconducibili a contratti di lavoro in quanto svolte in modo saltuario. ANSA / ETTORE FERRARI
Un' immagine di un voucher, Roma, 11 gennaio 2017. I voucher sono dei buoni lavoro erogati dall'Inps con cui il datore di lavoro puo' pagare alcuni tipi di prestazioni accessorie, cioe' che non sono riconducibili a contratti di lavoro in quanto svolte in modo saltuario. ANSA / ETTORE FERRARI

TRIESTE. Mentre il governo sancisce la fine dei voucher, la Regione conferma la creazione di un sistema di incentivi pensato per stimolare le imprese a dare maggiore stabilità ai lavoratori pagati con i ticket nel corso del 2016. Come anticipato al Piccolo dall’assessore al Lavoro Loredana Panariti e ribadito ieri assieme alla presidente Debora Serracchiani, l’ente pubblico stanzierà 500mila euro per far sì che circa 320 “voucheristi intensivi” possano ottenere un contratto a tempo determinato o indeterminato, uscendo dalla precarietà estrema dei buoni lavoro. La misura è dedicata a chi, nel corso dell’anno passato, abbia percepito dalla medesima impresa almeno mille euro in voucher: per stimolarne l’assunzione, la Regione garantirà una cifra di 1-2.000 euro in caso di contratto a tempo determinato e di 4-6.000 per il tempo indeterminato. Si tratta di «una misura sperimentale unica in Italia», ha sottolineato Panariti.

 

 

La conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa ha dato modo a Serracchiani di prendere posizione sulla fine dei voucher: «Non è lo strumento in sé che non va bene, ma l’utilizzo distorto che spesso se n’è fatto. Vale anche per la nostra Regione, dove i voucher sono stati ahimè usati molto. Serviva intervenire per evitare questo uso sbagliato». A chi si chiede se la fine dei ticket segnerà il rischio di un aumento del lavoro nero, Serracchiani risponde che il fenomeno non necessariamente va contrastato con i voucher: «Serve piuttosto una semplificazione su assunzioni e retribuzioni: un campo su cui l’Italia è indietro. L’abolizione dei voucher apre tuttavia un vuoto legislativo che va colmato al più presto, tutelando le esigenze di quei lavoratori e quelle imprese che hanno fatto un uso corretto di uno strumento dimostratosi utile a favorire l’emersione e retribuire piccoli lavori».

In regione c’è tuttavia chi polemizza sulla scelta di Roma. Per Barbara Zilli (Ln), «sono moltissimi i lavoratori occasionali, soprattutto giovani, che pagheranno per la scelta irresponsabile del Pd. Serviva una regolamentazione, non l’abolizione». Luca Ciriani (Fdi) parla a sua volta di «errore che spalanca le porte al lavoro sommerso». Non manca neppure il fuoco amico, con Enio Agnola (Pd) che evidenzia «i problemi per alcuni settori economici stagionali e per le famiglie che si avvalgono di colf e babysitter. La decisione è sbagliata: elimina uno strumento senza sostituirlo».

 

La crescita del lavoro "povero"
Ricerca di un'occupazione

 

La giunta regionale ha anche presentato “Attivagiovani”, misura pensata per rimettere in moto i Neet under 30, ovvero i ragazzi che nei 12 mesi precedenti non abbiano lavorato o frequentato percorsi di formazione. La Regione stanzierà 4,5 milioni in tre anni (in gran parte provenienti dal Fondo sociale europeo), con l’intenzione di coinvolgere circa 1.200 persone fra 18 e 29 anni in tirocini o attività di impegno sociale. Come sottolineato da Serracchiani, «vogliamo tirare questi giovani fuori di casa e offrire loro un’opportunità sempe retribuita per mettersi in gioco all’interno di una rete costituita tra soggetti pubblici, associazioni, realtà del terzo settore ed enti di formazione». Per Panariti, «in questo modo si forniscono competenze tecniche ai giovani e li si avvicina ai servizi per l’orientamento e la ricerca di impiego messi a disposizione dall’ente pubblico». Una rete, quest’ultima, che attraverso il progetto Pipol/Garanzia giovani ha preso in carico 27.500 giovani dal 2014, offrendo ad alcune migliaia di essi tirocini che nel 60% dei casi si sono tradotti in un’occupazione coperta da contratti di apprendistato oppure a tempo determinato o indeterminato.

Riproduzione riservata © Il Piccolo