Il “pensionato Dipiazza” deve rimborsare il Comune
TRIESTE Sono quelle cose che Roberto Dipiazza non riesce a digerire e, dal suo punto di vista, lo si può capire. Già prende poco come sindaco - 2800 euro netti al mese moltiplicato 12 - ma essere addirittura costretto a restituire quattrini al Comune con tutto quello che fa per Trieste, beh, è proprio una dolorosa beffa.
Cosa è successo da provocare il disappunto del sindaco? Una questione di carattere retributivo-contributivo-fiscale: Dipiazza, nonostante sia in pensione dal 1° ottobre 2016, ha continuato anche in seguito a percepire la cosiddetta indennità di funzione (cioè lo stipendio di primo cittadino) con la maggiorazione del 20%, come se avesse continuato a lavorare come imprenditore commerciale, la sua abituale professione prima della quiescenza.
Ma lo scorso settembre il sindaco si è accorto che qualcosa non quadrava e lui stesso, per il tramite dello studio Sigma domiciliato in Foro Ulpiano, ha segnalato agli uffici comunali l’incongruenza. Il nominativo di Dipiazza è stato cancellato dalla gestione Inps commercianti con effetto retroattivo a far data dal 31 dicembre 2017 ed è stato evidenziato, all’attenzione del Comune, l’onere di restituzione delle somme «impropriamente percepite stante il modificato status personale», come recita la determina 3175 firmata dallo stesso segretario generale dell’ente, Santi Terranova.
In poche parole, il Municipio è diventato creditore di una somma complessiva pari a 31.893 euro, di cui 18.812,24 a diretto rimborso da parte del primo cittadino, mentre i rimanenti 13 mila euro saranno richiesti all’Agenzia delle entrate per tre tipologie di ritenute Irpef erroneamente versate nelle annate 2016-17-18. Dipiazza ha provveduto subito a saldare il suo “debito”, sarà invece Vincenzo Di Maggio, responsabile dell’area servizi finanziari, a presentare istanza di rimborso all’Agenzia delle entrate.
A fissare i termini della curiosa e delicata vicenda, ci ha pensato lo stesso direttore generale Santi Terranova con la citata determina intitolata «riconoscimento e quantificazione indennità di funzione al sindaco ... accertamento d’entrata per il reintroito delle somme impropriamente erogate ...».
Proprio il più stretto collaboratore del sindaco, il suo segretario-direttore durante quasi l’intero triplice mandato, ha dovuto fungere da gabelliere. È una classica applicazione dell’altrettanto classico brocardo dura lex sed lex. D’altro canto l’errore era indiscutibile e andava sanato. L’impianto normativo e l’indirizzo della magistratura contabile non lasciavano margine ad alternative: la maggiorazione dell’indennità - precisava un parere della Corte dei conti Fvg reso nel 2016 - è riconosciuto a tutti gli amministratori «ad eccezione di coloro che percepiscono redditi da lavoro dipendente o che sono titolari di trattamento in quiescenza». Il dover intervenire nella questione del rimborso ha consentito agli uffici di redeterminare la paga di Dipiazza, che al lordo delle ritenute fiscali ammonta a 5052,00 euro e al netto a 2800 euro. Un consigliere regionale, per non parlare di deputati e senatori, prende molto di più del sindaco di uno dei primi venti comuni italiani: ma di regola un sindaco fa e rischia ben più di loro. —
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