Il pensiero magico e la galassia no vax
TRIESTE L’espressione la possiamo leggere in un documento ufficiale, il rapporto annuale del Censis, dove si dice alla lettera che ci troviamo di fronte a una “fuga fatale nel pensiero magico”. Saranno magari una modestissima percentuale, staranno diminuendo grazie alle restrizioni e forse anche alle spinte della semplice persuasione, ma la piccola galassia no-vax esiste e fa parlare di sé. Ed è soprattutto ben percepibile, attorno a essa, una nebulosa di attinenze in cui molti stanno circolando, anche personaggi di spicco intellettuale che non ci saremmo aspettati di trovare lì. Al punto che è diventato quasi un bombardamento mediatico quotidiano di cui siamo ormai stanchi.
Certo, possiamo girarci dall’altra parte e provare a ignorare il fenomeno, non possiamo però esonerarci dall’interpretarlo, per tentare di capirne il senso meno superficiale e le motivazioni che lo sostengono. Intanto che cosa pensare dell’ipotesi che alimenta spesso questo “pensiero magico” (che crede che il Covid non esista così come si immagina che la terra sia piatta), e cioè l’ipotesi di un “complotto” di dimensioni mondiali? Da qui viene un’indicazione importante: saremmo esposti, attraverso le limitazioni previste per chi si ribella alle regola della cosiddetta “dittatura sanitaria”, a un crescente “potere” di carattere totalitario, appunto quello che viene evocato attraverso il fantasma del complotto. La minaccia di una società che starebbe così avviandosi verso una condizione di regime assolutistico, per esempio con l’utilizzo governativo degli stati emergenziali e di eccezionalità, rischia di dare un riempimento concreto e convincente al carattere di palese irrazionalità che fornisce il tratto “magico” al pensiero in questione. Se lo leggiamo come un modo mascherato di esercitare un potere dispotico, i conti tornano subito: si tratta solo di una vecchia conoscenza, di quel potere che assorbe ogni sapere e che diventa – come ci insegnava Michel Foucault – un governo delle vite di ciascuno di noi.
Anzi, rifugiarsi in un pensiero strampalato in apparenza (o almeno molto “strano”) nasconderebbe l’evidenza di un bio-potere ormai galoppante che pretende di darci istruzioni in ogni segmento della nostra vita quotidiana. Un Foucault ridotto a un dispositivo prêt-à-porter, buono per tutti gli usi, povera filosofia! Tuttavia, questo rimando disinvolto (ma non poco convincente) all’ideologia del potere totalizzante, se serve a politicizzare (fornendole una parvenza democratica) la misteriosa faccia del complottismo, ci aiuta forse ad avvicinarci al pensiero “magico” ma non è in grado di farlo evaporare come una semplice bolla di aria. C’è dell’altro da tentare di capire o almeno di mettere in luce.
L’aspetto più appariscente, facilmente osservabile, è costituito da una sorta di santificazione dell’individualismo, al massimo di distanza – direi – da quanto ci vorrebbe insegnare la riflessione di Foucault. Il pensatore “magico” fa gruppo salvaguardando fino all’estremo il proprio egoismo privatistico: “Mi chiedi se sono vaccinato? Ma questi sono fatti miei personali nei quali non puoi intrometterti!”. Come se fosse una domanda invasiva, quasi offensiva, un intervento indebito nello spazio di libertà personale di colui al quale ci rivolgiamo.
Ma qual è l’aspetto meno appariscente, meno superficiale, di simile atteggiamento? Bisogna interrogarsi seriamente su questo punto se vogliamo trovare una sensatezza al pensiero “magico”. Che sembrerebbe, a sua volta, un pensiero totalizzante, che non ammette in sé alcuna parzialità (e dunque nessun dubbio). Il pensiero “magico” può spiegarsi – propongo – solo come la negazione del pensiero critico, come tentativo di asserire un punto di vista dogmatico che non tollera di essere discusso, contraddetto o falsificato.
Non c’è discussione con chi pensa “magicamente”, nessuna speranza di interagire con lui (o con lei) poiché al primo tentativo si ritira offeso in una specie di verità assoluta, come se avesse subìto un’invasione indebita della propria libertà. È constatabile facilmente: la sua reazione ha l’aspetto di un rifiuto netto di prendere in considerazione altre ragioni diverse da quelle personali.
Come si fa a negare che siamo in presenza di una manifesta regressione culturale? Ma non si può neppure negare che questo sia un sintomo preoccupante di qualcosa che già ci appartiene, che potrebbe contagiarci e trascinarci con sé.
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