«Il paziente non doveva essere operato»

Il perito dell’accusa nel processo a carico di tre chirurghi dell’ospedale: «Andava prima valutata la stenosi alla carotide»
Di Roberto Covaz

Il 78enne goriziano Giovanni Kerpan «non doveva essere operato per l’asportazione di un tumore al colon prima di essere sottoposto all’intervento alle carotidi essendo presenti stenosi del 90 per cento in quella di destra e del 50 per cento in quella di sinistra. Tale patologia aumenta il rischio vascolare in un paziente sottoposto a un intervento in anestesia generale, della durata di circa tre ore, effettuato con la tecnica laparoscopica. Sarebbe stato più consigliabile procedere in anestesia locale con la tecnica della laparotomia. Non è stato preso nella giusta considerazione il rischio vascolare cui il paziente andava incontro. Il paziente non è stato sufficientemente informato nelle visite precedenti l’intervento con l’anestesista e il chirurgo».

Questa in sintesi la perizia illustrata dal professor Vincenzo Pezzangora, già direttore del Dipartimento di chirurgia dell’ospedale di Venezia, che in qualità di consulente della pm Laura Collini ha deposto ieri nell’aula dell’ex corte d’assise del Tribunale di Gorizia, dove si celebra il processo per omicidio colposo nei confronti dei chirurghi dell’ospedale di Gorizia Ignazio Citro, Alberto Canevelli e Giuseppe Stacul.

Secondo l’accusa Giovanni Kerpan - i cui famigliari si sono costituiti parte civile con l’avvocato Daniele Compagnone - i medici non tennero nella giusta considerazione la stenosi carotidea, ritenuta grave, riscontrata con una ecodoppler il 31 gennaio del 2013, 17 giorni prima dell’intervento su Kerpan. Gli avvocati Tarlao (difensore di Canevelli e Citro che effettuarono il primo intervento) e Cattarini (per Stacul, che il giorno seguente asportò la milza a Kerpan per bloccare l’emorragia seguita al primo intervento e provocò danni cerebrali fatali al paziente) hanno molto insistito nel dimostrare al giudice Coppari l’effettiva preparazione professionale di Pezzangora, tanto che a tratti è sembrato fosse lui l’imputato. La tesi difensiva di Tarlao punta a due obiettivi: dimostrare che la lesione alla milza subita da Kerpan non è stata dovuta a imperizia dei chirurghi operanti ma a una conseguenza dell’intervento al colon; che le asserite negligenze riscontrate da Pezzangora nella fase preparatoria all’intervento sono da individuare nei medici che visitarono Kerpan. Cattarini ha molto contrastato la tesi del consulente secondo il quale l’asportazione della milza, e dunque l’arresto dell’emorragia, doveva essere effettuata con maggior tempestività. Anche sull’entità della stenosi carotidea Cattarini ha cercato di smentire Pezzangora. L’avvocato Compagnone si è invece soffermato sul fatto che non c’è stato un reale consenso informativo e che né a Kerpan né ai suoi famigliari è stato indicato chiaramente il rischio di ictus cui il malato andava incontro con l’intervento. Nella prossima udienza toccherà ai consulenti delle difese.

Riproduzione riservata © Il Piccolo