Il partitone unico di Camber disorienta il centrodestra
Predica il risveglio d’un centrodestra di nuovo unito ma raccoglie, tutto sommato, un centrodestra tra lo spaesato e il sospettoso e, per lo meno di primissimo acchito, mica più unito di prima. Di tutto si può dire però su Giulio Camber, tranne che le spari a caso, senza sapere esattamente che conseguenze avranno le sue “réclame” ultracriptiche. E quella fatta pubblicare sul Piccolo di ieri (non a caso alla domenica, nella quale l’enigmista invoca letteralmente «aria nuova», «pluribus unum» e «un’unica lista» chiamata «Trieste 2016» verso cui sono chiamate a convergere otto forze antiCosolini) non fa eccezione. Anzi. Lo si può immaginare in queste ore nelle fattezze del «sommergibile» di bordoniana memoria, a vedere di nascosto l’effetto che fa. «Le robe serie, sempre che si possano fare, è meglio farle da qualche altra parte», taglia corto, a voce, lo stesso Camber, identificando evidentemente l’«altra parte» nei dietro le quinte della politica, la specialità della casa.
L’irrigidimento degli alleati
Ma l’effetto che fa è dirompente. E non potrebbe essere altrimenti. In effetti chiedere in pubblico a colleghi di partito e/o alleati, con una pubblicità sul giornale, di entrare nei ranghi di un partitone unico, riducendo ad esempio da 320 a 40 le candidature possibili al Consiglio comunale, senza neanche parlare di quelle a sindaco, è roba da elettrochoc. E si vede o meglio si sente. «Al momento la cosa non è in discussione, non è all’ordine del giorno della “fucina”, non ne abbiamo discusso e non è in programma, è una proposta sua e personalmente non è poi che mi appassioni particolarmente», sentenzia tanto per cominciare Pierpaolo Roberti, il segretario provinciale e candidato sindaco “avanguardista” in quota Lega che ha tolto il simbolo del suo partito dai manifesti. Roberti, a onor del vero, è citato nell’enigma di Camber: «Dipiazza, oppure Roberti, oppure...». E a proposito: Dipiazza, ieri, non era rintracciabile. Fastidio o semplice voglia di pax domenicale non è dato sapere. Fratelli d’Italia, terzo pilastro della “fucina” dopo Forza Italia e Lega stessa, non ci sta, alla lista unica del Camber pensiero: «Noi - puntualizza Claudio Giacomelli da coordinatore provinciale - intendiamo presentarci con il simbolo di Giorgia Meloni sulla scheda elettorale. Ci sono identità che non possono perdersi in un solo simbolo. Se proprio si vogliono dare segnali di unità allora diamoci da fare su programmi e candidato anziché litigare sul giornale».
Favorevole ma...
Chi ci sta invece, ma resta in campana per non scottarsi, e comunque batte già su un candidato («Dipiazza resta l’unico candidato in grado di tenerci insieme») è Un’altra Trieste: «Sono molto contento - proclama infatti Franco Bandelli - perché è da sei mesi che noi stiamo lavorando al progetto unitario del centrodestra, coraggioso, oltre i partiti. Un laboratorio come la Lpt e poi Illy, chissà che a cadenza ventennale se ne riesca a realizzare un terzo. Abbiamo lanciato un progetto talmente buono che l’uscita del senatore, che ringrazio, ne è la conferma. C’è un però, ho ancora un dubbio: spero non sia una delle solite tattiche per stancare gli attori in campo e far perdere il centrodestra».
Le anime di Forza Italia
Disorientati ora sono gli alleati ma non è che in Fi - a guardare in casa camberiana prima della rèclame firmata «Giulio» in cui si chiede a tutte le forze dello schieramento di fare un passo indietro senza chiarire per ora chi sia il candidato sindaco - regnasse decisamente il pensiero unico, tra una Sandra Savino che aveva lanciato una “fucina” a tre partiti che ha stoppato di fatto Dipiazza e un Bruno Marini vicesindaco in pectore di Dipiazza medesimo. «Giulio Camber - così Savino - ha riassunto in quella pagina il tormentone del centrodestra dal 2011 a oggi. La vedo come una proposta intelligente e di grande responsabilità, il contributo di tutti vale più di ogni altra cosa». E di ogni altro candidato, è lecito intuire. Ma questa è anche la dichiarazione di fine vita della “fucina”? «No - replica la coordinatrice regionale di Fi - poiché la “fucina” è un gruppo di lavoro sui programmi e quello di Camber è intanto l’auspicio di una linea. Non sono in antitesi, si possono coniugare». «Che tutti stessero insieme sarebbe una cosa bellissima - fa eco Marini - ma credo che al momento non vi siano purtroppo le condizioni». «Tra lo scherzoso e il serio -aggiunge il consigliere regionale - dico che ci vorrebbe un miracolo. Ma siccome sia io che Camber siamo cattolici, e ai miracoli crediamo, chissà».
Il veleno nella coda
Un miracolo al quale, a meno non sia stata una svista, una dimenticanza della réclame, non vengono chiamati a partecipare né l’ex uomo forte della destra Roberto Menia con i suoi Italiani di Trieste (non citati) né soprattutto Roberto Antonione, la cui sconfitta nel 2011 contro Cosolini non incupì Camber, che oggi sta in Trieste Popolare (a sua volta non citata) con l’ex assessore di Dipiazza Paolo Rovis. «Francamente - sospira Antonione - non so dare un’interpretazione al messaggio, né mia né tantomeno quella autentica. Però i suoi manifesti sono arrivati. È Natale insomma, anche se un poco prima del solito». La “fucina” è morta sì o no? «Mah - chiosa Antonione - se il messaggio era quello di voler mettere insieme più forze allora sconfessa l’operato della signora che è finita in tv con le Iene. Chissà, forse Camber è misterioso perché appartiene a un’altra razza...».
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