Il parrucchiere non c’è? «Si può raggiungere il Comune confinante». Ecco cosa è permesso nella Trieste "arancione"

TRIESTE La parrucchiera di fiducia da raggiungere costi quel che costi. Il macellaio che sta a venti chilometri ma che vende gli hamburger a cui non sai proprio rinunciare. Il supermercato che offre il detersivo a un prezzo migliore di quello sotto casa. O magari solo la scusa per fare un giro più lungo nell’era del divano forzato. Il consumatore resta consumatore anche durante la pandemia e l’applicazione della zona arancione in Friuli Venezia Giulia va incontro all’ennesimo problema di interpretazione delle norme, che in questo caso sono quelle che bloccano la mobilità da un territorio comunale all’altro.
I Dpcm e le ordinanze in Italia sono ormai puntualmente oggetto di esegesi e i prefetti della regione hanno dovuto specificare alle categorie economiche ciò che il decreto in effetti non fa. Il testo del governo vieta infatti ogni spostamento per fare la spesa fuori dal proprio Comune, ma permette di farlo per usufruire di prodotti e servizi «non disponibili» nei confini municipali. Il riferimento è decisamente generico e lascia parecchi margini di interpretazione, che già stanno creando malintesi e qualche furberia.
Posso andare a fare la messa in piega nel paese vicino? O sottoscrivere una nuova assicurazione sull’auto in un’agenzia che ha sede fuori città? E quanto lontano posso andare? Il decreto non lo dice e tocca ai prefetti fare chiarezza, anche su pressione degli esercenti, che non si raccapezzano. Confcommercio Fvg se n’era già lamentata negli scorsi giorni. Il presidente Giovanni Da Pozzo aveva criticato il governo per «l’ennesimo provvedimento che aggiunge confusione a confusione», sottolineando che «servizi e negozi quali quelli di abbigliamento, arredamento, auto o altri generi non alimentari di particolare specializzazione possono essere raggiunti in comuni diversi da quello di residenza», se nel proprio comune non se ne trovano di uguali.
Ai prefetti tocca però chiarire dettagli fondamentali per interpretare la norma. Il commissario di governo Valerio Valenti sottolinea che «ci si sposta solo se un determinato servizio non c’è nel proprio comune, andando a fruirlo in un comune attiguo, cioè confinante al proprio. Lo si può fare anche per avere un’offerta più economica, ma da Trieste non si va a fare la spesa a Udine». I prefetti, spiega Valenti, si sono confrontati sul tema ieri mattina, chiarendo che «la mobilità va ridotta al minimo o vanifichiamo lo spirito della norma: lo spostamento va limitato alla distanza più ravvicinata possibile. Non ci si sposta dove ci piace, ma solo per ragioni oggettive». Da Muggia non si può insomma venire a Trieste per un taglio di capelli e da Staranzano non ci si sposta a Monfalcone per comprare il formaggio.
Il Dpcm ammette gli spostamenti non solo se si è alla ricerca di un prodotto introvabile nel proprio comune, ma anche se nel paese vicino si sa di poterlo trovare a prezzo migliore. E questo apre a necessità interpretative da mal di testa, tanto che Valenti è costretto a chiedere di «autocertificare la maggior convenienza del prodotto che si sta cercando, per essere in regola in caso di controlli. Ricordo a tutti che il Dpcm chiede a ognuno di noi di non spostarsi nemmeno all’interno del proprio comune, ma di farlo solo in caso di vero bisogno. La libertà del singolo è leggermente compressa per perseguire diritto alla salute e tenuta del sistema sanitario».
Il problema non riguarda i capoluoghi, che mettono a disposizione una sufficiente quantità di beni e servizi, ma i piccoli centri del Carso, dell’Isontino e del Friuli. La Fondazione Think Tank Nord Est evidenzia ad esempio che in Fvg ci sono 14 mini comuni con una dotazione di servizi critica, fra cui Monrupino, Moraro, Dolegna e San Floriano del Collio. Accade in una regione che conta 216 municipi, di cui 53 senza uno sportello bancario, 52 senza edicole, 22 privi di scuole e 14 addirittura sprovvisti di un negozio di alimentari.
Confcommercio chiede chiarezza di informazioni e lo fa anche per evitare che alcuni associati cadano in errori macro. Come nel caso della pubblicità appena diffusa dal centro commerciale Sorelle Ramonda di Reana del Rojale (Udine): «Vuoi raggiungerci da lontano? Non c’è problema! Lo spostamento dal comune è motivato dal fatto che nel nostro punto vendita sono presenti offerte economicamente più vantaggiose».
Un’opportunità che non esiste nella legge, dato che i vestiti o un paio di scarpe li si trova in prossimità. Non a caso Da Pozzo si augura di «non vedere sanzioni in nome di un’interpretazione troppo rigida e senza buon senso». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo