Il parroco e il Santo Padre «Trieste l’aveva colpito»

Don Rosa rievoca i suoi incontri con Ratzinger: «Era molto timido e umile Nel 2009 l’ho rivisto a Roma e l’ho invitato a farci visita a San Giacomo»

TRIESTE. Tre volte a tu per tu con il Papa e tre volte la stessa impressione: «Una persona tanto timida e molto, molto umile». Don Roberto Rosa, parroco a San Giacomo a Trieste, ripercorre con la memoria i suoi incontri con il pontefice. L’ultimo l’8 maggio del 2011, durante la messa ad Aquileia. Da responsabile dell’organizzazione per la diocesi di Trieste, ha potuto sedersi nel presbiterio vicino a Benedetto XVI con pochi altri preti. In altre occasioni, a Roma, invece l’ha avvicinato e ci ha parlato.

Oggi, ripensando a quei momenti, il clamoroso addio al pontificato appare in linea con una personalità «semplice, coraggiosa e colma di fede» che ha potuto percepire da vicino. Don Rosa in Vaticano ci ha scambiato qualche parola e di quei pochi attimi, veloci ma «pieni di emozione», ama raccontare soprattutto un aneddoto.

Era il 9 dicembre del 2009, durante un pellegrinaggio con i parrocchiani. «Eravamo a Roma per chiedere la benedizione di una statua della Madonna degli anni Trenta, appena restaurata, pensavamo di farla passare tra le famiglie del rione. Il Papa l’ha benedetta e subito dopo mi ha chiesto di che parrocchia fossi. Di San Giacomo, a Trieste, gli ho risposto. E lui mi ha accennato a una sua visita nella nostra città, di qualche anno prima quando ancora era cardinale. Certo, io questo lo sapevo, sapevo che era stato da noi per un convegno, credo organizzato dall’università. Doveva essere il 2003 o il 2004, ha dormito all’ex Hotel Jolly e poi la mattina ha celebrato l’eucarestia nella chiesa della Beata Vergine del Rosario, di cui era parroco don Antonio Dessanti. Aveva concelebrato don Pietro Zovatto, ne sono sicuro. Il Papa mi ha anche detto che la città gli era piaciuta, sebbene si fosse fermato per poco tempo. Allora io non ho perso l’occasione per invitarlo a ritornare – ricorda ancora don Rosa – e, scherzando, gli ho fatto notare però che a San Giacomo non era ancora venuto. La prossima volta, gli ho detto, quando ritorna da noi a Trieste, venga a vedere la nostra parrocchia. L’aspettiamo a San Giacomo, eh! Lui mi ha sorriso».

Un’altra volta il sacerdote ha portato a Roma i giovani, «ha stretto la mano a tutti». Il sacerdote ha saputo delle dimissioni dalla televisione, mentre stava ascoltando un messa su Sat2000 in diretta da Lourdes. Mi hanno colto di sorpresa, «i miei parrocchiani mi hanno chiamato, tutti erano scossi. Però io credo una cosa – riflette – ritengo sia una decisione coraggiosa. Fin dalla sua elezione il Papa ha affermato di sentirsi “un umile servo nella vigna del Signore”, e questa umiltà unita a uno sguardo intenso, si vedeva dentro di lui quando gli stavi accanto. Adesso si è reso conto della sua debolezza fisica e ha desiderato fare il bene della Chiesa lasciando. Una decisione meditata, perché ritiene di non poter più servirla. A me pare un gesto di fede molto forte anche se così di punto in bianco nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Lascia un segno fortissimo di umiltà. Credo – prosegue il parroco di San Giacomo – che i cristiani devono guardare a questo con gli occhi della fede. Io in Benedetto XVI avevo colto una vocazione monacale, quasi cercasse un po’ di nascondersi».

Il pontefice ha avuto una grande importanza nella vocazione sacerdotale di don Rosa. «I suoi insegnamenti, i suoi scritti, la sua azione pastorale. Io credo che davanti a questo gesto tutti dovremmo interrogarci su quanto si può fare e quanto siamo chiamati a fare nella nostra vita, nella nostra quotidianità. Benedetto XVI – conclude don Rosa – continuerà a servire la Chiesa pregando».

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