Il parere di Tanjević, leggenda della Pallacanestro: «A Trieste meglio il tram della Cabinovia»

L’allenatore plaude allo sviluppo turistico della città, ma avverte: «La Cabinovia fino al Carso? Forzatura, meglio far ripartire il tram»

Piero Tallandini
Bogdan “Boscia” Tanjević. Foto Silvano
Bogdan “Boscia” Tanjević. Foto Silvano

TRIESTE  «Quando sono arrivato a Trieste ormai 40 anni fa ho colto subito la bellezza e il potenziale di questa città, ma non avrei mai pensato che potesse svilupparsi dal punto di vista turistico in modo così impressionante. Adesso si può fare il salto di qualità definitivo, in particolare grazie al Porto vecchio se arriveranno investitori stranieri con grandi capitali. Vedo una Trieste che può diventare una piccola Barcellona. Con la cabinovia? Anche no. Non mi convince».

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Parte da qui la riflessione su presente e futuro della Trieste turistica di Bogdan Tanjević. Non servono presentazioni per il 75enne montenegrino, uno dei più grandi allenatori europei di sempre, nonché autentico intellettuale cosmopolita e mitteleuropeo. E soprattutto, sempre innamorato della “sua” Trieste.

Coach, lei è arrivato più di quarant’anni fa: com’è cambiata la città da allora?

«Beh, all’epoca di turisti ce n’erano pochi e tantomeno si vedevano spesso navi da crociera. Negli ultimi 6-7 anni c’è stata una crescita straordinaria che mi ha sorpreso. I turisti hanno scoperto la bellezza di questa città e mi pare che, oltre agli stranieri, siano soprattutto gli italiani ad averne finalmente riconosciuto il fascino unico. Io mi sono trasferito qui negli anni Ottanta e ricordo che all’epoca era vista come l’ultimo lembo di Italia, confinata all’estremità del Nord Est. Adesso sento tanti turisti che vengono a Trieste e sono talmente meravigliati ed entusiasti da affermare che si tratta della città più bella d’Italia e credo che per certi versi sia davvero così».

Cosa ha impresso la svolta rispetto ai decenni passati?

«Certo, gli investimenti sulla promozione turistica avranno anche contribuito, ma l’impressione è che sia stato anzitutto un processo spontaneo, un passaparola che si è consolidato anno dopo anno. Chiaramente la percentuale più significativa di presenze resta quella di austriaci e tedeschi, nel solco della tradizione storica, e secondo me è bello che ci sia questa continuità rispetto al passato asburgico».

Quindi non le dispiace l’idea del maxi-tallero di Maria Teresa?

«Anzi, sono assolutamente favorevole. È giusto mantenere viva la memoria di quello che di buono ha fatto per lo sviluppo della città l’amministrazione asburgica. Dedicare un monumento proprio a Maria Teresa è doveroso considerando l’impronta che l’imperatrice ha lasciato nella storia di questo territorio».

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A proposito di storia, quella di Trieste è il frutto di secoli di incroci culturali e linguistici. Quanto incide questo fascino multietnico?

«Sicuramente ha il suo peso ed è bello che sia così. Trieste da questo punto di vista è una città unica. È un luogo in cui la convivenza di lingue e culture ha generato una ricchezza che anche i turisti sono in grado di percepire e ne rimangono ammaliati».

L’economia triestina rischia di sbilanciarsi troppo verso il comparto turistico?

«Non mi pare che sia un problema. Quello turistico è destinato a diventare il settore trainante dell’economia cittadina come dimostra il proliferare di hotel e bed and breakfast, ma ci sono indicazioni positive anche da altri settori come il porto che in questi anni è diventato stabilmente il primo in Italia anche grazie a un grande manager come Zeno D’Agostino. Quanto all’industria, è vero che ci sono delle difficoltà, ma non dimentichiamo il recente arrivo della Bat. E soprattutto, c’è un’area come il Porto vecchio che a mio avviso può rappresentare una chance enorme per il boom della città, un po’ come è successo negli ultimi trent’anni a Barcellona. Ho letto che ci sono diversi investitori interessati. Sarebbe bello riuscire ad attirare anche gruppi arabi e cinesi che sono attualmente quelli con più risorse. Punterei sul mercato dei grandi yacht e degli alberghi di alto livello»

Le piace il progetto Cabinovia?

«Sinceramente preferirei veder ripartire finalmente il tram che è un simbolo storico di Trieste ed è fermo da più di 6 anni. La cabinovia non mi convince, mi pare una forzatura: c’è l’idea di spendere decine di milioni di euro solo perché cadranno dal cielo. Se fosse possibile li userei per altro».

Se dovesse trovare un difetto alla città?

«Ribadito che Trieste è sempre più bella, accogliente ed è anche una città molto sicura visto che la criminalità è minima, direi che si potrebbe migliorare il livello di pulizia delle strade».

Impossibile non finire con una divagazione sportiva. Si parlava di anni ’80: c’è un po’ di nostalgia per la Trieste del basket di allora?

«Sì. Per il basket le cose non sono cambiate in meglio. Sono passati ormai più di trent’anni da quando avviamo proprio qui a Trieste l’ultimo grande progetto per costruire dalla serie B e da un nucleo di giocatori italiani una squadra in grado di competere per lo scudetto e le coppe europee. Oggi non esiste più la programmazione e ci sono troppi stranieri, troppe facce nuove che cambiano ogni anno. Per i tifosi così diventa quasi impossibile affezionarsi». —

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