Il pane “sospeso” spopola in Bosnia

Chi può permetterselo acquista una pagnotta in più per i poveri nei negozi che hanno aderito
Di Stefano Giantin

BELGRADO. L’antica tradizione nacque a Napoli e poi si è estesa ad altre città italiane ed europee. Si entra in un bar, si ordina un caffè. E invece di uno se ne pagano due. Il secondo, “sospeso”, potrà essere bevuto da chi ha meno soldi nel portafoglio, alla salute di una persona più agiata e generosa. Ma di sospeso, nell’Europa della crisi economica e sociale, non ci sono solo i caffè. Sta infatti spopolando in Bosnia-Erzegovina la pratica del “kruh” o “hljeb za kasnije”, il pane sospeso. Pratica introdotta a fine novembre che funziona allo stesso modo del più famoso caffè sospeso. In varie panetterie del Paese, da Sarajevo a Tuzla, da Mostar a Banja Luka, le persone di buon cuore possono così pagare non solo la propria, ma anche una pagnotta extra. «Qui può avere del pane chiunque ne abbia bisogno e non sia in grado di pagare», uno dei cartelli apparsi nei negozi bosniaci. «Siete in difficoltà? Non c’è da vergognarsi, chiedete» e vi sarà dato il pane quotidiano, il testo di altro cartelli affissi in varie panetterie della nazione balcanica. Nazione dove l’iniziativa dell’“hleb za posle” è stata originariamente lanciata via Facebook, attraverso un appello alle coscienze di chi «ha la possibilità» finanziaria di aiutare le persone in difficoltà, semplicemente «comprando una pagnotta o anche mezza» o magari un chilo di farina. Iniziativa, quella della Bosnia, “copiata” da un progetto simile avviato in Croazia, dove oltre 300 negozi e panetterie hanno in pochi mesi aderito al progetto del pane sospeso, che ora si sta estendendo anche alla vicina Serbia. E nessuna sorpresa sul successo che ha avuto l’idea. In Bosnia, la disoccupazione giovanile ha quasi raggiunto il 60%, il tasso totale dei senza lavoro non scende sotto il 45% e oltre 650mila persone vivono sotto la soglia di povertà. Nella vicina Serbia, malgrado la timida ripresa economica, la situazione non migliora, con almeno un decimo della popolazione che vive in condizioni sempre più dure e «102.662 bambini che non hanno pane e latte», ha denunciato la scorsa settimana la stampa di Belgrado. La Croazia europea? Non fa tanto meglio. Secondo Eurostat, il 15,4% dei croati è oggi «materialmente deprivato». Peggio di Zagabria sta però l’Ungheria (25,7%), dove non a caso già a maggio è stato fondato il movimento “Fammi un regalo”, che chiede ai più ricchi di dare ai poveri.

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