"Il pane la domenica? No grazie: costi alti e riposo negato"
Il governo Monti sforna il pane fresco anche la domenica ma scatena la reazione dei panettieri. A Trieste chi ogni notte lavora per sfornare rosette e ciabattine non intende adeguarsi alla normativa sulle liberalizzazione prevista da Roma, che apre ai panificatori al lavoro anche il sabato notte con le rivendite in attività dunque la domenica. I panificatori anzi mirano a tutelare i diritti acquisiti in lunghi anni di battaglie. Primo fra tutti, quello al giorno di riposo.
«Permettere di panificare sette giorni su sette significa mettere ancora una volta in difficoltà i forni, magari a conduzione familiare, - sottolinea Edvino Jerian, presidente dell’Unione regionali panificatori nonché ell’associazione che rappresenta la categoria nella nostra provincia – e anche dal punto di vista economico non sarebbe conveniente». Produrre pane nei giorni festivi, ricorda Jerian, comporta un costo maggiore rispetto ai giorni feriali. Inoltre il lavoro domenicale dei dipendenti ha un costo superiore del 75 per cento, mentre i costi della manodopera incidono per il 50 per cento sul prezzo del pane.
Del resto, il pensiero di Jerian si rispecchia in quello di molti dei titolari di panifici. «Non ci penso minimamente a panificare per la domenica – ammette Roberto Cadenaro dall’omonimo panificio – i costi di regia sarebbero eccessivi. E comunque non ci sono le condizioni di mercato. Inoltre se viene tutelata la libertà delle famiglie di andare a fare la spesa alla domenica voglio venga tutelata anche quella mia e di mia moglie di starcene a casa almeno un giorno alla settimana».
Non aprirà con pane fresco nel giorno di festa nemmeno il panificio Giorgi di via Carducci. «Non penso, perché a livello artigianale lavorare ogni giorno diventa complicato - sostiene Maria Cristina Giorgi, la titolare – comunque con la Slovenia vicina è possibile che alcuni panifici decidano di attuare dei cambiamenti a lungo termine».
I panificatori osservano che il recente pacchetto sulle liberalizzazioni ha graziato i tassisti, accontentato in parte i farmacisti ma non ha accolto nemmeno parzialmente le richieste che da tempo i panettieri tentano di fare approvare. «Come quella che riguarda il riconoscimento e la tutela del “pane fresco”- precisa Jerian – distinguendolo da quello precotto o surgelato sfornato nei supermercati. Meno male che la Regione ha già approvato una legge che entro qualche mese provvederà a individuare un modo per denominare in maniera diversa i due prodotti valorizzando il vero pane fresco preparato dai forni artigianali».
Va ricordato in proposito che una recente inchiesta giornalistica condotta da un settimanale ha sostenuto che il pane diretto ai supermercati del Nord, in particolar modo a quelli di Veneto e Friuli Venezia-Giulia, viaggia su tir frigoriferi e in aereo. E in merito il deputato Angelo Compagnon (Udc) ha presentato un’interrogazione per «fare piena luce sulla notizia secondo cui più della metà del pane venduto nei supermercati e consumato nelle mense e nei bar proviene da forni della Romania, della Repubblica Moldova e dalla Slovenia». Secondo quanto riferisce Compagnon, «una parte del prodotto importato verrebbe cotto in forni a gestione familiare ove si utilizzerebbe legna di dubbia provenienza: addirittura - incalza il parlamentare - scarti di bare».
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