«Il pane dei carcerati è concorrenza sleale»

Il referente dei panificatori Jerian: «Macchinari regalati e contratti non rispettati così turbano il mercato». Sbriglia: «È male informato, noi siamo in regola»

di Pietro Comelli

Il pane dei carcerati non piace ai panificatori triestini. Gli ingredienti non c’entrano, alla categoria dà fastidio l’ingresso sul mercato dei prodotti “made in Coroneo”. Quel pane e quei dolci realizzati dai detenuti nel forno del carcere, a detta dell’associazione panificatori, rappresenta di fatto una «turbativa di mercato». È la posizione dura espressa dal rappresentante dei panificatori Edvino Jerian che, in particolare, se la prende con il direttore del carcere Enrico Sbriglia. Non piacciono, infatti, né le commesse esterne pervenute alla cooperativa né la vendita al dettaglio che potrebbe essere fatta in un chiosco ricavato all’interno del penitenziario.

«A questo progetto abbiamo partecipato attivamente, dando il nostro supporto, perché siamo per il reinserimento dei detenuti, ma il tutto senza creare turbative di mercato. E in questo era d’accordo anche Sbriglia», ricorda Jerian. Puntando il dito sul pane del Coroneo sfornato da «macchinari regalati» e fatto da panettieri-detenuti che nel trattamento economico e previdenziale «non sono inquadrati con i contratti di settore». Quella del portavoce dei panettieri («che sono furibondi davanti a quest’ultima concorrenza») è una polemica che distingue l’apprendimento del lavoro in carcere dalla vendita di pagnotte e pizzette.

«Mi sta bene se i prodotti vengono ceduti a enti benefici, non se diventano una concorrenza. E poi questa accelerazione da parte di Sbriglia - dice Jerian - è stata fatta senza nemmeno sentirci e dal direttore del carcere non ce lo aspettavamo. Nel corso dei rapporti con le sigle sindacali, poi, sono stati sollevati alcuni problemi in merito al rispetto del contratto di lavoro che non viene applicato ai detenuti».

Una polemica che lascia Sbriglia interdetto: «Stimo Jerian, ma in questo caso non è perfettamente informato. L’attività che si realizza in carcere rispetta le regole della concorrenza - spiega - anzi proprio il sottoscritto ha insistito affinché i detenuti che lavorano siano inquadrati con il trattamento economico stabilito dalla categoria». Anche la farina per il Coroneo non ha un prezzo diverso, ma lo stesso direttore del carcere ammette che i prezzi del prodotto finito e venduto sono competitivi rispetto a quello di mercato. «È una scelta commerciale che la cooperativa ha inteso fare, rinunciando ai margini di guadagno. Ma non parlerei di concorrenza sleale - sostiene Sbriglia - anche perché stiamo parlando di persone che lavorando in carcere aiutano le proprie famiglie e, un domani, vogliono affrancarsi nella società che li attende a una nuova vita. Lasciamo che il pane unisca e non divida».

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