Il Palazzo “soffre” il caldo ma si arrovella sul piano neve

TRIESTE Se c’è una virtù che, in tutta evidenza, non difetta tra i banchi del Consiglio comunale venuto al mondo dopo il voto di giugno è la lungimiranza. Capita così che l’altra mattina - mentre fuori un meteo ancora smaccatamente estivo continua a tormentare i più calorosi - in Municipio la Terza commissione presieduta dal consigliere della Lista Dipiazza Francesco di Paola Panteca non esiti a spendere un’ora per chiedersi, alla presenza dell’assessore in quota Lega Luisa Polli, come fare per aggiornare per tempo il Piano neve. Nessuna amministrazione di qualsivoglia colore, a memoria, ne è mai uscita linda, bianca come la neve, fin dal primissimo governo Dipiazza.
Chiedere all’attuale assessore anziano Maurizio Bucci che a gennaio 2003, mimando scherzosamente davanti all’obiettivo del fotografo del Piccolo Francesco Bruni una scivolata sotto il Municipio dopo la colossale nevicata epifanica, scivolò per davvero sugli strali dei triestini che non si potevano muovere di casa. E chiedere pure all’ex sindaco Roberto Cosolini, sommerso lo scorso gennaio nel web dalla schiuma della rabbia di chi - nelle viuzze meno percorribili dai mezzi spargisale, compreso ad esempio il ripidissimo vicolo Ospedale militare dove lui stesso abita - s’era sentito abbandonato.
«Cosolini ha provato sulla propria pelle quanto ci si può scottare col freddo», sintetizza quella vecchia volpe di Roberto De Gioia, oggi alfiere dei socialisti verdi, nel bel mezzo della commissione, sollecitata a discutere da Francesco Bettio, altro rappresentante della civica di Dipiazza. Gli uomini del sindaco, insomma, sono i primi a volerlo proteggere da possibili polemiche legate al maltempo invernale. Bettio, la cui esperienza circoscrizionale ha dato il dono dell’attenzione per i rioni, rivendica, da primo firmatario di una mozione condivisa dal suo gruppo, che «i cittadini delle periferie non siano dimenticati». E chiede così che vengano rivisti, o meglio sarebbe dire aumentati, i punti di distribuzione del sale, alla luce della lista in vigore che snobba «interi rioni» come «Servola, Chiarbola, Borgo San Sergio».
L’altro reclamo è che, per venire incontro anche alle persone che abitualmente non s’affidano a internet (e nella vecchia Trieste poche non sono), il volantino sul Piano neve sia liberato dalla grande foto di copertina, bella ma inutile a fini pratici, come dal saluto istituzionale, in modo da poter aumentare lo spazio dedicato alle informazioni di servizio. Le richieste ottengono un risultato: l’assessore fa sapere di aver già parlato con AcegasApsAmga per riesumare, «in caso di allarme neve serio», i pacchi di sale da lasciare agli angoli delle strade a disposizione dei residenti. Più complicato invece è l’incremento della lista punti di distribuzione: «La prenderei - chiarisce Polli - come raccomadazione solo in circostanze particolarmente critiche, prevedendo specifiche ordinanze».
L’argomento però dà la stura a una babele di osservazioni, di proposte. Ne vien fuori, mentre fuori “el sol” se non “spaca le piere” poco ci manca, il rebus del Piano neve. Un rebus, se vogliamo, in salsa “sapore di sale”. In tutti i sensi. Il dipiazzano Roberto Cason preme, e riceve il sì dall’assessore, per rendere più visibili le informazioni sul sito istituzionale nei periodi a rischio. La pentastellata Cristina Bertoni suggerisce di coinvolgere le circoscrizioni per eventuali task-force di volontari. E nasce un asse tra il forzitaliano Guido Apollonio e il grillino Domenico Basso che chiedono, sul modello anglosassone, secchi di sale e ghiaia agli incroci, con tanto di paletta. Il “fai da te” del privato è importante, insomma, ma va stimolato dal pubblico. «Per la ghiaia parlerò con gli scooteristi», dubita Polli. Cosolini, presente per il Pd, ricorda che «distribuire sacchi di sale lasciandoli per strada genera purtroppo strani fenomeni d’accapparamento». Della serie che più di qualcuno, se non visto, prende in spalla il sacco e se lo porta a casa per usarlo nel suo cortile, chissà se per pure salare l’acqua della pastasciutta, sottraendolo così alle possibili necessità comuni. Un lavoro sul senso civico è indispensabile, una volta di più. Il dibattito spopola, dunque. Ma senza bagarre. Su un punto, d’altronde, non ci si può dividere. Neve e ghiaccio non possono essere colpa dei profughi.
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