Il palasport di Monfalcone è diventato moschea

Venerdì e sabato di preghiera a Monfalcone: sono settecento i musulmani della regione che si sono incontrati al palazzetto dello sport in occasione della fine del Ramadam
MONFALCONE
Finisce il mese del Ramadam e per due giorni Monfalcone diventa il punto di riferimento della comunità di fede islamica del Friuli Venezia Giulia. Domani e dopodomani i musulmani della città e della regione si troveranno al palazzetto dello sport per pregare dalle 8 alle 11.


Nella sola Monfalcone si calcola la presenza di duemila residenti di fede musulmana. Considerando però la presenza dei non residenti, la stima raggiunge le tremila unità. Non tutti saranno comunque presenti al palazzetto dello sport. La previsione è di un afflusso di 700 o 800 persone.


«Vorremmo che l’iniziativa non fosse solo un incontro religioso - dice il presidente dell’associazione Bimas nonché membro della consulta regionale e di quella comunale sull’Immigrazione, Muhammad Hossain Muktar più noto come Mark -, vorremmo che tutti potessero venire per capire il messaggio dell’imam. Spesso però le cose vengono fraintese e la nostra presenza è strumentalizzata per impaurire le persone che non ci conoscono. La nostra religione ha terrorizzato tanta gente senza motivo. Per uno che si comporta male, vengono additati tutti. Si dice che la moschea rappresenta un pericolo, ma lo si dice solo per fini politici e propagandistici che non hanno nulla a che vedere con noi. Noi ci riuniremo semplicemente per pregare».


Per evitare facili strumentalizzazioni sia da parte delle forze di destra, sia da parte delle forze di sinistra, a differenza degli anni passati, questa volta la comunità islamica ha deciso di non spedire inviti ufficiali alle autorità cittadine.

Il palazzetto dello sport è stato concesso dalla giunta comunale con una deliberazione approvata all’unanimità.


«Il palasport è a disposizione dei cittadini e delle associazioni che ne fanno richiesta - spiega l’assessore alla Cultura e al Tempo libero Paola Benes -. Ognuno, se vuole, può strumentalizzare questa nostra decisione o metterci un po’ di malizia, ma tutti hanno gli stessi diritti. Non è certo la prima volta che i cittadini stranieri ci chiedono uno spazio per le loro iniziative. Fino a quando vengono rispettate tutte le regole, non c’è alcun motivo perché non si debbano concedere gli spazi. Il rispetto viene prima di tutto. È questa l’unica discriminante e se dovessero invitarmi, io andrò volentieri al loro appuntamento».


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