Il nome di Patuanelli da giorni nella rosa delle possibili opzioni per il ruolo di premier

TRIESTE Il suo nome è immancabile nella ridda di voci che si rincorrono per tirare a indovinare (o impallinare) il possibile successore di Giuseppe Conte. Stefano Patuanelli abita da due settimane sulle pagine dei giornali, che tentano di guardare oltre la crisi, fra retroscena, borsini e fotografie accompagnate da segni più e meno. Ipertrofia mediatica o voci più o meno fondate di palazzo? Fatto sta che il ministro triestino si trova nella bizzarra condizione di chi contempla un bivio: tornare alla casella di partenza del gioco dell’oca sedendosi fra i ranghi dei senatori semplici o prendere il fantascientifico ascensore che lo porterebbe alla guida del paese nel momento forse più difficile dal dopoguerra.
Ai suoi il ministro dice che l’ipotesi è campata in aria o tirata fuori con l’intento di mettere i grillini gli uni contro gli altri, visto che il riferimento a Patuanelli è spuntato in contrapposizione al ministro degli Esteri Luigi Di Maio e al presidente della Camera Roberto Fico, con l’esponente triestino accreditato su diversi organi di stampa come la soluzione più gradita a Pd e Italia viva.
La deputata M5s Sabrina De Carlo assicura però che non sono all’orizzonte battaglie per l’eredità e che il Movimento è compatto dietro a Conte. «Certe voci non vengono dal nostro interno – dice De Carlo – e di solito i nomi che escono sono quelli che si vogliono bruciare. Qualcuno ha bisogno di condire con un po’ di gossip questa crisi per passare il tempo, ma siamo compatti dietro Conte. La stima verso Di Maio e Patuanelli è grande ed entrambi hanno dimostrato di occupare meritatamente la propria posizione, ma non ci sono alternative plausibili a Conte, se non le elezioni anticipate».
Ma intanto il nome di Patuanelli continua a galleggiare accanto a una lista che sta assumendo dimensioni iperboliche: Draghi, Cottarelli, Di Maio, Fico, Franceschini, Gentiloni, Sassoli, Violante e via discorrendo. Nel caso del ministro giuliano, c’è chi lo indica possibile nuovo premier in caso di caduta di Conte, chi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, se l’Avvocato del popolo rimarrà in sella. Sì, perché Patuanelli è con i colleghi D’Incà e Ricciardi un fedelissimo del premier e non sta lavorando sottotraccia a una soluzione per sé. Ripete a tutti che senza il Conte ter c’è la chiamata alle urne, convinto che un nome diverso spaccherebbe irrimediabilmente il Movimento, tanto più che i rapporti con l’ex capo politico sono notoriamente non idilliaci da tempo.
Nel gorgo della crisi tutti gli scenari sembrano diventati possibili e chissà quali sarebbero per i bookmakers le percentuali da attribuire al responsabile dello Sviluppo economico. Intanto un parlamentare della maggioranza fa i conti: «Di Maio è il più probabile, Fico il più spendibile visto il ruolo di presidente della Camera, ma su Patuanelli qualche movimento c’è. Se ne parla ma se ne parla poco: quand’è così, non si tratta di ipotesi messe in campo per bruciarle».
L’accusa è piovuta spesso in questi giorni su Italia viva, indicata come la forza che vuole creare zizzania in maggioranza e nel maggior partito dell’asse giallorosso. Ettore Rosato nega: «Ci attribuiscono tutte le possibili candidature di provenienza M5s, da di Maio a Patuanelli. Ma noi non abbiamo interesse ad alimentare divisioni negli altri partiti. I nomi si fanno davanti al presidente della Repubblica, cui abbiamo però parlato solo di contenuti. Ciò non toglie la mia stima personale per Stefano».
A Sergio Mattarella i renziani hanno chiesto in realtà di concedere un mandato esplorativo a una personalità diversa da Conte. «Non siamo ancora disponibili a un governo con Conte, perché Conte dal 17 dicembre in poi non ha mai sentito l’esigenza di sentire Iv», dice Rosato. Fra i giallorossi cresce la preoccupazione che la partita per il ter sia ormai un miraggio. C’è chi immagina un incarico a Fico, ma ancora una volta rimbalza il nome di Patuanelli. Sarebbe il quadruplo carpiato di un ex consigliere comunale di opposizione, che in una legislatura ha lasciato i meetup ed è stato eletto parlamentare, designato capogruppo al Senato e chiamato in un ministero chiave come il Mise. Il pentastellato continua a trincerarsi dietro un assoluto silenzio, ma è noto il gradimento del Quirinale, che sonda non di rado Patuanelli per scrutare gli umori del partito grillino. Ottimi anche i rapporti col Pd, con cui vorrebbe un’alleanza organica e che gli riconosce competenza e capacità di mediazione. Non è di poco conto l’endorsement arrivato da Debora Serracchiani per la candidatura alle regionali 2023 e neppure la cordialità con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri o un dirigente di peso come Goffredo Bettini.
Irraggiungibile per la stampa, l’ingegnere evita di parlare di politica e si concentra sulle cose. Di ieri la notizia dello sblocco dei 50 milioni a fondo perduto per la riconversione della Ferriera. A Trieste intanto ci si chiede se è davvero arrivato il momento di portare un proprio figlio sullo scalino più alto della politica italiana. Ma ci lo conosce bene racconta che quello stesso figlio si sente ora come uno di quei cardinali al Conclave, entrato papabile ma speranzoso che non debba davvero toccare a lui. —
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