Il no di Udine non frena la corsa di Bono
TRIESTE. Anche se Udine non approva, e infatti si asterrà, Giuseppe Bono sarà il nuovo presidente di Confindustria regionale. Il lavoro dei saggi è terminato e martedì prossimo gli industriali del Fvg riuniranno il consiglio direttivo. All’ordine del giorno un unico punto: l’elezione del successore di Alessandro Calligaris.
Questione di maggioranza. Trieste e Gorizia, in via di accorpamento, hanno trovato l’intesa con Pordenone sulla nomina dell’amministratore delegato di Fincantieri, nonché presidente di Confindustria Gorizia, e non sembrano intenzionati a tornare indietro nonostante la contrarietà friulana, manifestata esplicitamente dalla presidenza Matteo Tonon, il giovane imprenditore manzanese in sella da pochi mesi in Largo Torriani. Una contrarietà non nei confronti di Bono, ma del suo profilo di manager anziché di capitano d’azienda. A non convincere Udine è peraltro soprattutto la mancanza di chiarezza delle altre province sul progetto di fusione delle quattro territoriali in un’unica Confindustria regionale con organi accentrati e servizi di prossimità organizzati in presidi territoriali. Una linea ribadita anche da uno degli industriali friulani di maggior peso, già presidente di Confindustria Udine, Giovanni Fantoni: «Non potremo impedire che la maggioranza elegga, democraticamente, Bono, ma non si potrà neanche vietare a noi di tenere una posizione conseguente rispetto ai desideri manifestati dagli associati ed espressi in maniera chiara dal presidente Tonon. Un’impostazione confermata anche da un imprenditore lungimirante come il presidente della Danieli Gianpietro Benedetti».
A Udine, in effetti, sembrano pensarla tutti allo stesso modo: in Fvg non servono quattro territoriali. Non solo: Bono non è il miglior rappresentante possibile delle piccole e medie imprese locali. Il direttivo friulano è chiarissimo nell’ultima nota in cui ha manifestato il suo “no” all’ad di Fincantieri: « Il candidato proposto, come la nostra base associativa ha indicato, non è un capitano d’azienda radicato nel territorio ma un manager, per quanto riconosciuto di alto profilo e di indiscussa notorietà, di un’azienda in mano pubblica, modello percepito “distante” dalla realtà produttiva della regione». Fantoni precisa ulteriormente: «Noi chiedevamo che nel programma del prossimo presidente ci fossero tempi certi per arrivare alla fusione. La soluzione della federazione, infatti, nulla cambierebbe né sul fronte della razionalizzazione del sistema né su quello del risparmio. Per un salto di qualità serve più coraggio, come del resto indicato dalla riforma Pesenti approvata da Confindustria nazionale. Non comprendiamo perché le altre associazioni provinciali non accettino un progetto sostenuto dagli stessi imprenditori».
Il clima resta dunque teso. Bono - che ieri ha tuonato contro la frammentazione delle articolazioni delle parti sociali, affermando che il Paese «non si può più permettere 119 sedi provinciali» delle associazioni datoriali e sindacali -, non ha certo apprezzato l’etichetta di “statale” ma tira dritto: l’obiettivo è a portata di mano. I numeri, del resto, sono tutti dalla sua parte e Udine sa bene di non potersi opporre se non con il segnale dell’astensione. A votare sarà infatti chiamato il consiglio direttivo regionale, un’assemblea di 29 persone composta dal presidente uscente Calligaris, dai vicepresidenti Gianfranco Di Bert (vicario), Salvatore Palermo, Antonio Verga Falzacappa e Valerio Pontarolo, dai quattro presidenti territoriali (con Tonon e Bono, ci sono il triestino Sergio Razeto e il pordenonese Michelangelo Agrusti) e dai membri aggiuntivi distribuiti sulla base del numero degli associati: 2 per Gorizia, 8 per Pordenone, 4 per Trieste e 6 per Udine. Ascoltata la relazione dei saggi, Udine potrà contare sulla carta su meno di una decina di voti. La delegazione friulana conta però di rimandare la questione della fusione a una successiva riunione. Se martedì si voterà solo il presidente, ci sarà poi il tempo di alimentare il pressing su Bono per portarlo a procedere alla semplificazione estrema. In quel caso, di fronte a un programma chiaro verso l’unificazione, il neopresidente avrà pieno sostegno anche dal capoluogo friulano.
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