Il “no” al maxi-Comune si allarga a Staranzano e contagia Monfalcone

La nascita del Comitato contro la fusione segue quello di Ronchi Il battesimo del sindaco Marchesan assieme al collega Fontanot
Di Ciro Vitiello
Bonaventura Monfalcone-23.02.2016 Comitato No Fusione-Staranzano-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-23.02.2016 Comitato No Fusione-Staranzano-foto di Katia Bonaventura

STARANZANO. Era strapiena di gente la sala Delbianco, lunedì sera, al battesimo del Comitato per il “No” alla fusione di Staranzano coordinato da Mario Brandolin. Un dissenso nei confronti della Città Comune, tra Monfalcone, Ronchi e Staranzano, che si allarga. A sorpresa è stata annunciata la costituzione anche a Monfalcone del Comitato per il “No” guidato da Mauro Grimalizzi.

Al tavolo dei relatori c’erano anche Fabrizio Bertini, rappresentante del Comitato di Ronchi e Franco Iurlaro. Il professionista ha illustrato il suo recente studio di dati relativi alla vita dei tre Comuni. Un’analisi che prefigura scenari futuri e possibili piste di sviluppo delle comunità locali verso ipotesi aggregative. I dati contemplano: densità demografica della popolazione, tasso di crescita, assistenza, lavoro, imposizione fiscale, presenza di stranieri e problematiche varie quali sporcizia nelle strade, difficoltà di parcheggio, mezzi pubblici, traffico, inquinamento, rumore, rischio criminalità ed erogazione acqua.

Tra il pubblico i sindaci di Ronchi, Roberto Fontanot e Riccardo Marchesan, entrambi contrari a questo tipo di Città Comune. Presenze significative, specie quella di Marchesan fino all’altra sera rimasto in disparte. «Già adesso - afferma Fontanot - i rapporti con Monfalcone non sono al massimo. Sono mesi ad esempio che non c’è verso nella burocrazia monfalconese di avere i codici per avviare le nostre telecamere. Ma chi crede veramente che, al momento della fusione, quando ci siederemo a un tavolo parleremo allo stesso livello dei problemi di questo territorio? Avremo, invece, la politica di Monfalcone che ci darà un calcio nel sedere». Anche il sindaco Marchesan è perplesso su come è stato impostato il referendum sulla Città Comune. «Il parere negativo della fusione espresso dal Consiglio comunale ad agosto - spiega - rappresenta una vittoria della democrazia perché in questo modo decideranno direttamente i cittadini. Quindi nel prossimo referendum sarà la comunità a decidere se procedere alla fusione o meno. Se il Consiglio, invece, avesse votato per il “Sì” la modalità di voto avrebbe considerato quello complessivo di tutti i Comuni, come se fosse già istituita la cosiddetta Città Comune. Invece se in un solo Comune prevarrà il “No” non ci sarà la fusione».

Tanti i dubbi emersi durante il lungo dibattito pubblico: la confusione per l’entrata in funzione delle Uti, Unità territoriali intercomunali, le imminenti elezioni amministrative, i rapporti che esistono a Ronchi e Staranzano nella massima collaborazione con l’importante tessuto associativo, i confronti diretti per i problemi con gli amministratori più vicini alla gente, ma soprattutto la validità del Referendum nel quale non servirà alcun quorum. Se andasse al voto solo il 10%, il risultato sarebbe determinante per la scelta del “Sì” o del “No”.

«Uniti riusciremo a evitare questa brutta operazione calata dall’alto - concordano i relatori - della quale si sa poco o niente e dove i contenuti sono molto vaghi e nebulosi. Da questo momento organizzeremo incontri, banchetti di informazione per spiegare i motivi della nostra contarietà». Tra i risvolti “negativi” della fusione, è stata ribadita la perdita della propria identità culturale, quindi i possibili “ricatti” della Regione che taglierà i finanziamenti per i Comuni che voteranno per il “No”. Si prevedono con la fusione anche aumenti delle tasse, difficoltà nei servizi e le “eccellenze” sprecate di ognuna delle tre municipalità. Fra gli interventi del pubblico quello dell’ex consigliere regionale e sindaco di Staranzano Franco Brussa: «Con la fusione – sostiene – viene meno il ruolo di questo territorio. Dopo la vittoria dei “No” potremo sederci a un tavolo e saremo nelle condizioni di poter decidere in un confronto serio e pacato, per un progetto che riguarda tutta la provincia. E non solo dei tre Comuni in questione».

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