Il mondo della ristorazione ricorda il papà della pedana dei “Duchi”

Vent’anni fa moriva in un incidente Dario Basso, tra i più attivi interpreti del settore tra gli anni ’80 e gli anni ’90, gestore pure del “Bellavista” 

il personaggio



Un brindisi in onore dell’amico e collega, a vent’anni dalla sua prematura scomparsa.

Così un gruppo di ristoratori triestini ha voluto ricordare di recente la figura di Dario Basso, cuoco e imprenditore del settore enogastronomico molto noto nell’arco degli anni Ottanta e Novanta, soprattutto perché ebbe l’idea di ampliare il ristorante situato al pian terreno dell’hotel “Duchi d’Aosta”, di cui era titolare, posizionando una pedana, con relativa struttura chiusa soprastante, che si protraeva verso il centro di piazza Unità.

Una penisola che all’epoca fece molto successo, suscitando anche quale discussione.

Nato a Marostica, in provincia di Vicenza, nel 1953, Dario Basso era arrivato molto giovane a Trieste, iniziando subito nel settore che poi sarebbe diventato il suo mondo, in uno dei ristoranti che all’epoca andavano per la maggiore in città, cioè il “Dante” di via Carducci.

Basso passò poi alla birreria “Forst”, altro punto di riferimento della vita mondana dell’epoca, e quindi al “Saturnia”.

Ma la svolta fu l’avvio della gestione del “Bellavista” di via Bonomea, una vecchia trattoria che lo stesso Dario Basso, negli anni Ottanta, seppe trasformare, in coppia con la moglie Luciana, con la quale si era sposato nel 1976, in uno dei ristoranti più ricercati dell’intera città.

Successivamente il decisivo passaggio appunto nella cucina del prestigioso albergo “Duchi d’Aosta”.

E fu proprio dopo aver chiuso il suo ristorante in piazza dell’Unità che Dario Basso trovò la morte in una notte di novembre del 2000. Il ristoratore morì per lesioni riportate nel tragico schianto contro un albero, mentre viaggiava a bordo della sua Porsche.

«Io e Dario ci eravamo riappacificati poco dopo il divorzio – ha detto proprio la signora Luciana, ricordando il suo ex marito – e adesso spero che anche nostro figlio Andrea ne segua le orme come imprenditore».—



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