Il molo V di Trieste, quell’angolo di Turchia a due passi dalla spiaggia
Un autentico hub intermodale tra mare, gomma e rotaia ed è il regno dei camionisti provenienti dal Mediterraneo sud-orientale

Foto Bruni Trieste 31.08.2019 Porto Nuovo-lo scalo RO_RO di Sammer-la locanda- camionisti turchi--
TRIESTE Entrare nel Punto franco nuovo del porto di Trieste equivale a entrare in una realtà parallela. Perché a due passi dal bagno Ausonia, dove mamme e bambini con ciambelle e materassini al seguito si apprestano ad andare al mare, dove la vita di una parte della città scorre rilassata, una fila di camion è in fervente attesa del via libera per accedere al terminal del Molo Quinto. Sole, tuffi e mare contro pneumatici, motori e binari. Il tutto a pochi metri di distanza.
I controlli di sicurezza per accedere al Terminal Samer sono così meticolosi da ricordare quelli alla dogana prima della caduta del muro di Berlino, quando passare dall’Est all’Ovest dell’Europa significava scavallare due mondi.
La prima occhiata
Una volta entrati, una distesa di camion, di rimorchi e di lunghi convogli ferroviari si aprono alla vista dell’osservatore. Prima di arrivare sul piazzale deputato al parcheggio degli autoarticolati destinati a fare la spola fra la Turchia e il resto dell’Europa, si passa accanto agli uffici della logistica, dove i camionisti turchi muniti di valigie sono in attesa dei documenti per il via libera. Oltre che dei loro stessi autotreni, in arrivo con il traghetto. «Aspettano l’arrivo della nave da Pendig o da Mersin – spiega Marco Furlan della Samer Seaports & Terminal – ma non sono costretti ad attendere troppo, poche ore al massimo, e poi possono ripartire con i loro rimorchi». L’attesa dipende anche da quanto tempo impiega la nave ad attraccare: in teoria, se il mare è calmo e non c’è vento contrario, l’attracco avviene in 45 minuti dal momento in cui i rimorchiatori agganciano la nave in rada a quando la stessa viene ormeggiata sul molo. Se invece il mare è agitato, logicamente i tempi si dilatano, spiega sempre Furlan.
GLI SBARCHI
Quando il portellone della nave si apre, i trattori del porto scaricano i rimorchi e li parcheggiano nel piazzale. A questo punto i camionisti individuano il rimorchio da agganciare alla motrice, caricano il proprio mezzo completo delle loro pertinenze, dei viveri che si portano appresso, e ripartono. Il prosieguo dei carichi avviene su gomma e soprattutto via rotaia, sui convogli ferroviari diretti verso il Nord Europa.
l’hub ferroviario
Sulle navi Ro-Ro sono presenti solamente 12 cabine per ospitare i camionisti, motivo per il quale i restanti autisti vengono trasbordati con l’aereo da Istanbul a Lubiana e poi condotti dalla capitale slovena fino a Trieste. Il Terminal Samer opera in quello che è anche il primo porto ferroviario d’Italia e i convogli pieni di merci che partono da qui, in quello che metaforicamente si può definire il casello finale dell’autostrada del mare, attraversano via treno l’Europa per raggiungere Austria, Germania, Lussemburgo e Belgio.
i collegamenti
Patrasso, Ambarli, Istanbul Pendik, Yalova e Mersin sono invece le mete delle navi in partenza dal Molo Quinto. Navi che si dividono in due tipi: quelle che possono contenere un massimo di 450 rimorchi e le altre che invece ne possono trasportare “soltanto” 200.
Sono tre gli ormeggi per questi tipi particolari di navi (anche se attualmente solamente due sono attivi mentre il terzo è in fase di ristrutturazione) e sette sono le Ro-Ro in arrivo ogni settimana, mentre i treni intermodali che passano per Riva Traiana sono 72 alla settimana, per 200 mila autotreni movimentati ogni anno sul Molo Quinto. Numeri che annualmente vengo ritoccati all’insù.
I CAMIONISTI
Fra le motrici parcheggiate in attesa di partire un camionista si sciacqua energicamente versandosi addosso una tanica d’acqua. «Una volta questo piazzale era un bivacco», aggiunge Furlan: «Mancavano i servizi igienici e le docce, mentre adesso i camionisti hanno a disposizione tutto l’essenziale per lavarsi, anche se – prosegue Furlan – evidentemente c’è chi preferisce farlo ancora in maniera autonoma».
I PARAGGI
Il Molo Quinto fa da promontorio involontario alla città stessa, costituendo al contempo l’appendice più occidentale del porto.
Una volta superato, la scena cambia repentinamente. Da un lato la bretella sopraelevata che conduce dal varco 4 al Molo Settimo. Alla sua destra la vecchia strada che, a livello del mare, attraversa l’edificio biancorosso dell’Agenzia delle Dogane. Magazzini ristrutturati e ridipinti si susseguono accanto ad altri vecchi e decrepiti. Anche da questi piccoli particolari traspare la voglia di ripresa del vecchio scalo giuliano. Alla base del Molo Sesto c’è un grande silos: qui vengono caricati principalmente grano e cereali, destinati a Pasta Zara. «Un settore, quello cerealicolo, da non trascurare – spiega ancora Furlan – perché di sicura espansione dopo l’acquisizione della stessa Pasta Zara da parte di Barilla». Un’altra medaglia sul palmares di un porto in evidente espansione. Un ritorno all’effervescenza del vecchio porto austriaco la si respira anche nel continuo brulichio di camion, autovetture e mezzi di servizio presente nelle varie parti dello scalo.
LA LOCANDA
Il cui ombelico, l’insostituibile pietra miliare per dipendenti e operatori, è costituito dalla locanda posta ormai in prossimità dei magazzini del caffè. In questa piccola oasi di ozio in un mare di operatività si può sentir parlare in dialetto del mercato della Triestina così come in turco di tratte marittime. «Servite anche il caffè all’ottomana?», chiediamo con una punta di imbarazzo. «Siamo pur sempre in Italia», ci viene risposto dopo un attimo di comprensibile stupore». Anche se a volte non sembra, osservando il bilinguismo diffuso, dove sulle tabelle direzionali il turco viene molto spesso prima dell’italiano. Nel bar-locanda i camionisti si scambiano le notizie essenziali: si informano sullo stato delle strade in Turchia, sui tragitti migliori da fare e a volte sulla situazione politica del proprio Paese. «Se voglio avere notizie da colleghi o amici – racconta l’unico camionista che spiaccica un po’ di tedesco – devo venire qui. Per noi incontrarci e stare in compagnia è un po’ come tornare a casa per qualche ora». Il tempo di un caffè (rigorosamente alla triestina) ed è già ora di uscire. Non prima di aver assistito, accanto alla motrice di uno dei tanti autoarticolati parcheggiati, alla condivisione di un caffè alla turca preparato autonomamente da un gruppo di camionisti in attesa di riprendere ognuno il proprio viaggio. Chi verso la Turchia e chi al lato opposto dell’Europa.—
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