Il mistero della morte del pianista e della ballerina ceca

Per la quarta volta la Procura ha chiesto di archiviare il caso, ma i Iegali dei familiari si oppongono: «Cercate la verità»
Massimiliano Lisini
Massimiliano Lisini

TRIESTE Una ferita mai rimarginata quella della misteriosa morte del pianista Massimiliano Lisini, 41 anni, e della ballerina ceca Andrea Dittmerova di 23. Per la quarta volta - in una sorta di partita a tre (procura-gip-difensori) che dura da quasi otto anni - la procura ha chiesto l’archiviazione e gli avvocati Giovanni Di Lullo e Luciano Sampietro, che assistono la madre di Lisini e di Ditmerova, propongono l’opposizione chiedendo che il giudice iscriva nel registro degli indagati Massimiliano Campisi, indicato come il sospettato numero uno dell’omicidio avvenuto il 15 luglio 2007. Ma anche altre persone che quel giorno avevano accompagnato lo stesso Campisi in casa di Lisini.

 

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Gli avvocati si rivolgono al gip Giorgio Nicoli, che lo scorso 7 ottobre ha ricevuto la richiesta di archiviazione da parte del pm Maddalena Chergia, il pm che ha preso in carico il fascicolo fino allo scorso anno del collega Giorgio Milillo. Lo stesso che, nell’aprile del 2015, a sua volta si era rivolto alla Cassazione bloccando la richiesta di imputazione coatta nei confronti di Massimiliano Campisi, ex socio e amico di Lisini, all’epoca avanzata dall’allora presidente del gip Raffaele Morvay. Così i giudici della Suprema corte hanno, di fatto, rimandato alla procura il fascicolo. E si è tornati appunto daccapo. Con la nuova, ennesima richiesta di archiviazione seguita dall’opposizione da parte degli avvocati.

 

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Per la procura «si è esaurito ogni spunto d’indagine», ma per gli avvocati Luciano Sampietro e Giovanni Di Lullo si può fare ancora molto per arrivare alla verità. Per questo chiedono nuovi accertamenti tecnici relativi al Dna trovato sul mozzicone di sigaretta in casa Lisini, oltre a una nuova perizia tossicologica. Anche perché secondo i difensori, c’è chi sa e potrebbe fare chiarezza sul movente di una duplice morte che le indagini non hanno mai chiarito. Di Lullo e Sampietro definiscono gli indizi fin qui raccolti come «sono evidenti e indiscutibili». È il caso della predisposizione dell’innesco per lo scoppio dell’appartamento di piazzale Capolino e della misteriosa sparizione dei cellulari delle vittime, mai più ritrovati. Ma anche le condizioni delle portiere della Lancia Lybra nella quale era stato trovato il corpo senza vita del pianista. Si legge negli atti dei due legali: «Lisini fu trovato morto per intossicazione da ossido di carbonio nella vettura che aveva tutte le chiusure abbassate, salvo quella posteriore sinistra. La vettura era dotata di chiusura centralizzata perfettamente funzionante».

 

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Massimiliano Lisini e Andreina Dittmerova

 

Ma torniamo ai fatti. Il 17 luglio del 2007 Lisini venne trovato nei pressi di Monte Grisa asfissiato all’interno di una Lancia Lybra. La macchina era stata presa in prestito dalla sorella dell’amico e socio, Massimiliano Campisi. La vettura aveva tre portiere chiuse dall’interno e la quarta aperta e con il “pomolino” alzato. Un tubo flessibile collegato alla marmitta aveva riempito l’abitacolo di monossido di carbonio. Andando a casa sua, in piazzale Capolino, i carabinieri trovarono la ballerina ceca riversa sul letto, senza vita e in avanzato stato di decomposizione. Il gas era aperto, le finestre sigillate.

Andrea Dittmerova era arrivata a Trieste dalla Repubblica Ceca l’11 luglio di quello stesso anno. Attraverso Campisi, che gestiva una palestra a Opicina e “riforniva” di ballerine dell’Est Europa i night sloveni, la Dittmerova aveva trovato ospitalità proprio a casa di Lisini.

In tutto questo periodo i poliziotti hanno effettuato una serie di accertamenti mirati, dopo aver attentamente esaminato più volte tutti gli atti d’indagine. Per esempio è stata effettuata una rogatoria nella Repubblica Ceca, dove oggi vive Campisi, e un’altra in Slovenia. Gli investigatori sono riusciti a rintracciare in Repubblica Ceca la vettura, già di proprietà della sorella di Campisi, nella quale era stato rinvenuto il cadavere di Lisini. La macchina era stata esportata in quel paese dell’Est nel settembre del 2007 dopo il dissequestro. Il nuovo proprietario è stato interrogato e ha dichiarato che, al momento dell’acquisto, tutte le serrature della vettura erano perfettamente funzionanti. Il fatto che il piolino di una portiera fosse stato trovato alzato al momento del rinvenimento del cadavere è stato interpretato dagli investigatori della Mobile come il segno che «quella portiera era rimasta aperta solo perché l’unica ancora socchiusa al momento dell’attivazione della chiusura centralizzata» ed era stata attivata al momento del sopralluogo.

Resta il mistero, in piedi ormai da quasi 10 anni. L’unica certezza è la tragica fine di Massimiliano Lisini e Andrea Dittmerova, morti a poche ore di distanza l’uno dall’altra. Il primo sul Carso, vicino al tempio mariano, l’altra all’estrema periferia della città. Due morti violente, collegate indissolubilmente l’una all’altra.

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