Il ministro difende il “Gioco del rispetto”
Lo spettro dell’«ideologia gender» si aggira per Trieste. O almeno questo è quel che pensa il deputato della Lega Nord Massimiliano Fedriga che ieri in Parlamento ha interrogato, a nome dell'intero gruppo del Carroccio, il governo sull'ormai noto tema del “Gioco del rispetto”. Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini gli ha risposto precisando che il fine del progetto è la lotta alla discriminazione di genere e che l'adesione è facoltativa tanto per le scuole quanto per le famiglie. Una risposta che ha scatenato una focosa replica da parte dell'interrogante. Ma partiamo dall'inizio.
Il parlamentare leghista ha portato il tema all'attenzione del ministro «per sapere se ne è a conoscenza, se ne condivide il merito e quali azioni intende assumere per scoraggiare il perseguimento di questo tipo di offerta scolastica». Fedriga ha espresso davanti all’aula le sue preoccupazioni: «La sensazione infatti è che si tenti di istillare fin dalla più tenera età l'ideologia del gender, che prevede l’assoluta libertà di scegliersi il sesso di appartenenza indipendentemente dal genere di nascita». Giannini ha risposto specificando che l'iniziativa «riguarda un progetto del Comune di Trieste sulla base, però, di un'iniziativa regionale che è precedente anche nel tempo», aggiungendo poi che il progetto è stato proposto a diciotto scuole paritarie comunali dell'infanzia, «sentite le famiglie e i rispettivi consigli scolastici e chiesta l'eventuale adesione». Ha poi aggiunto: «Io, ovviamente, ho doverosamente raccolto tutte le informazioni, sia dall'Ufficio scolastico regionale, sia dai soggetti interessati».
Il ministro ha poi riassunto il contenuto del Gioco: «Il progetto, come lei ha detto, più specificamente si propone di fornire agli insegnanti della scuola dell'infanzia elementi teorici e strumenti pratici per operare con i bambini sui temi della parità e del contrasto alle discriminazioni e alla violenza contro le donne». Dopo aver descritto per sommi capi il contenuto dell'iniziativa, Giannini ha precisato che verrà sottoposta «al consiglio di scuola». Pertanto, ha concluso, «le preoccupazioni manifestate, quali il mancato coinvolgimento dei genitori e le non sufficienti garanzie offerte da chi è promotore di questo progetto, non riguardano, dai dati che sono a mia disposizione, la sfera di competenza, sia per la procedura, che per il merito, che, invece, testimonia un coinvolgimento pieno delle istituzioni e una piena facoltà, sia delle singole scuole, sia dei singoli insegnanti, sia, per ultimo, ma non da ultimo, delle singole famiglie di aderire a questo tipo di approfondimento».
Ma la risposta non ha soddisfatto Fedriga: «Le amministrazioni locali hanno mentito - ha replicato il deputato - poiché il progetto è stato presentato in maniera generica e i genitori non sono nemmeno stati informati sui dettagli dell'operazione.
C'è pertanto una responsabilità politica chiaramente attribuibile alla Regione e al Comune sulla quale le chiediamo di intervenire». Il deputato ha anche fatto riferimento alle ricostruzioni del progetto apparse su alcuni media nazionali: «Vestire i maschietti da femminucce e viceversa, far loro riconoscere i genitali equivale -ha dichiarato - a contrastare le discriminazioni oppure è solo un modo stravagante e discutibile per far passare l'ideologia gender?».
Severa la conclusione di Fedriga: «Il rispetto si ottiene esclusivamente attraverso la valorizzazione delle differenze e non tramite il loro annullamento. Il rischio di giocare agli alchimisti con questi argomenti va ben oltre gli 11mila euro spesi dal Comune e riguarda soprattutto gli incommensurabili costi sociali e psicologici a carico dei bambini». La valutazione del progetto da parte dei consigli scolastici e delle famiglie, su cui il ministro e il deputato sembrano avere posizioni opposte, è in corso in queste settimane ed era appena iniziata nel momento in cui è esplosa la polemica che ha proiettato Trieste sul panorama mediatico nazionale ed internazionale.
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