Il ministro croato Hasanbegovic sgancia le sue "bombe": «Ante Pavelic? è stato un fallimento»
ZAGABRIA. Zlatko Hasanbegovic è il ministro della Cultura croato e, da mesi, al centro di una polemica che lo vede imputato di revisionismo e simpatie fasciste.
Ministro, il governo di cui lei fa parte vive un momento di grande crisi. Il Premier esige le dimissioni dei suoi due vice, Petrov (Most) e Karamarko (Hdz); quest'ultimo risponde togliendo il suo sostegno al governo; ed ora, il numero due dell'Hdz chiede a Karamarko di lasciare. Che succede?
Mi attengo alla dichiarazione ufficiale fatta dalla leadership dell'Hdz: il primo ministro non gode più della fiducia del partito e la decisione finale sul suo futuro dipenderà dalla procedura parlamentare e dai rapporti di forza interni al Parlamento.
Da quando è stato nominato ministro, è accusato di essere un revisionista, un filo-ustascia. Che cosa risponde?
È una compagna di diffamazione che non si basa su alcun fatto. Ho già dichiarato che lo Stato Indipendente di Croazia (Ndh) è stato il più grande fallimento morale di questo Paese. Condanno sia il regime che i suoi crimini. Quest'anno per la prima volta la comunità ebraica ha boicottato le commemorazioni ufficiali a Jasenovac, il campo di concentramento croato.
Un peccato?
Sì e ho già espresso il mio dispiacere. Ma i vertici della comunità ebraica hanno preso una decisione politica. Il governo voleva una commemorazione senza discorsi politici e a qualcuno questo non sta bene.
Il fatto che lei abbia sminuito il numero delle vittime del campo di concentramento qualche giorno prima non deve aver aiutato...
C'è stata una manipolazione sul numero delle vittime del campo, che è stato moltiplicato più volte. Non se ne poteva parlare ai tempi della Jugoslavia ma ora dobbiamo affrontare questo tema.
Un diplomatico europeo di stanza a Zagabria ci ha confidato che «sarà difficile collaborare col ministero della Cultura» se lei resta al suo posto. Sarebbe pronto a lasciare per il bene del Paese?
Non ho nessuna intenzione di dare le dimissioni. Nessun ambasciatore straniero mi ha nominato ministro e sono responsabile solo davanti al parlamento e al popolo croato. Aggiungo alcuni ambasciatori mi hanno espresso la loro solidarietà e ho già firmato degli accordi bilaterali con Kosovo, Ungheria, Albania, Cina e a breve con la Repubblica Ceca.
Il sindaco di Fiume, Vojko Obersnel, teme che il governo non finanzierà il programma di "Rijeka capitale europea della cultura 2020". È vero?
Ho detto al sindaco che finanzieremo quei progetti che lasceranno un'eredità alla città, ma non gli eventi che si chiuderanno col 2020. Inoltre, nell'esperienza delle "capitali europee della cultura" non sono le città che hanno ricevuto più fondi dal proprio governo ad aver avuto maggiore successo.
Perché ha deciso di tagliare i fondi all'Edit, la casa editrice del quotidiano italiano "La Voce del Popolo"?
Perché i giornali delle minoranze non sono finanziati dal ministero della Cultura, ma dall'Ufficio per le minoranze nazionali che ha un budget apposito. Quest'eccezione è il frutto di un accordo politico stretto nel 2004 tra il Premier Sanader e il rappresentante della minoranza italiana Radin. Io non sono disposto a pagare questi ricatti.
Chi pagherà allora questo finanziamento che lei ha decurtato del 50% e che estinguerà completamente nel 2017?
Non lo so, Edit è finanziata anche dal governo italiano, dal Consiglio per le minoranze nazionali e dalle autorità locali.
Perché tagliare i fondi al teatro nazionale di Fiume?
Perché i criteri del ministero non sono stati rispettati nel modo in cui i fondi sono stati spesi.
Non centra nulla il fatto che il direttore del teatro fosse Oliver Frljic, un regista inviso alla destra croata?
Frljic è un attivista ideologico e in quanto funzionario dello Stato, intendente di un teatro pubblico, non può abusare dei fondi per fare attivismo. Lo faccia privatamente, in un teatro alternativo o nel campo dell'arte sperimentale.
Più di 70 giornalisti hanno perso il loro lavoro alla Tv pubblica Hrt dopo che il governo ne ha cambiato il direttore e lei è oggetto di critiche da parte dell'associazione nazionale dei giornalisti (Hnd). Perché?
Non ho alcun rapporto con la Hrt e non ho nemmeno mai parlato col nuovo direttore, l'ho incontrato per la prima volta dieci giorni fa. In quanto all'Hnd, purtroppo, è in mano ad un gruppo di attivisti ideologici che farebbero meglio ad occuparsi della protezione dei giornalisti.
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