Il ministro croato alla Cultura “espelle” l’Istria
ZAGABRIA. Lui la Seconda Guerra mondiale avrebbe voluto che finisse in un altro modo. Forse non solo lui. Il problema è che “lui” è il neo ministro alla Cultura croato, Zlatko Hasanbegovic e le sue parole assumono un rilievo diverso da quelle di un “qualsiasi” cittadino d’Europa.
Orbene, in una delle sue prime uscite ufficiali, come riporta il portale Index.hr, anzi all’ingresso al Sabor (Parlamento croato) prima della maratona parlamentare sulla fiducia al nuovo governo avrebbe dichiarato che «in Istria non è entrato Patton, ma la Settima brigata della Lika. Se almeno fosse stato Patton, perché oggi l’Istria sarebbe parte dell’Italia».
Da questa dichiarazione, rileva ancora il sito Index.hr, «si potrebbe trarre la conclusione che Hasanbegovic sarebbe più felice se l’Istria non fosse parte della Croazia. A causa dell’antifascismo, forse. Oppure gli attacchi lo hanno talmente scosso che non è più in grado di pensare razionalmente». Sta di fatto che quanto riportato da Index.hr ha suscitato subito un dibattito politico e sui social croati. Va spiegato che Hasanbegovi„, al momento del suo arrivo al Sabor, era stato accolto da fischi, ululati e grida “Goebbels, Goebbels”. Confuso da tali reazioni dei militanti antifascisti, indignati per le sue esternazioni sull’antifascismo e su Tito, aveva tentato di entrare al Sabor attraverso il portone chiuso a chiave. È stata la guardia del Parlamento a spingerlo, letteralmente, dentro l’edificio, anche se nessuno dei manifestanti aveva fatto cenno di avvicinarsi a lui.
Il neo ministro della Cultura croato, dunque, sembra proprio non amare l’Istria e gli istriani che, a sua detta, sono troppo antifascisti e in passato sono stati anche molto critici nei confronti di Franjo Tudjman, fondatore dell’Hdz e primo residente della Croazia indipendente.
A sua difesa è intervenuto il leader dell’Accadizeta (centrodestra) e vicepremier nel nuovo esecutivo, Tomislav Karamarko il quale ha sostenuto che Hasanbegovic non pensa male della storia dell’Istria e non ha niente contro l’antifascismo. Il ministro, secondo il parere di Karamarko, «ritiene che la Croazia dopo la Seconda Guerra mondiale è caduta nella schiavitù del comunismo jugoslavo».
Tra quelli che non hanno votato la fiducia al nuovo governo Oreskovic c’è anche il deputato italiano al Sabor, Furio Radin. Secondo il suo parere la Croazia non ha bisogno di una rivoluzione culturale, che viene annunciata dal neonato esecutivo, ha bisogno invece della concretizzazione di uno Stato di diritto e di riforme in grado di bloccare la pesante crisi economica e sociale che sta attanagliando il Paese.
Va sottolineato che i rappresentanti della minoranza al Sabor hanno votato in modo molto differente relativamente alla fiducia al governo Oreskovi„ (una coalizione tra Hdz e Most). Radin, dal canto suo, ha chiaramente detto che a Zagabria collaborerà strettamente con i deputati della Dieta democratica istriana che hanno votato contro il nuovo governo croato.
Posizioni politiche a parte, va rimarcato come le parole del ministro della Cultura suonino molto stonate se pensiamo che la Croazia è un Paese membro dell’Unione europea e che in Istria vive la minoranza italiana. Andare per l’ennesima volta a rovistare nell’alveare della storia può solamente scatenare le api operaie.
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