Il ministro apre alla cannabis terapeutica

Lorenzin incontra la delegazione Ncd: sperimentazioni possibili in Fvg. Alla Regione il compito di presentare un progetto

TRIESTE. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, apre a future sperimentazioni per la coltivazione di cannabis terapeutica in Friuli Venezia Giulia. Il decreto che a novembre ha fissato le linee guida per la produzione e la somministrazione di farmaci cannabinoidi in Italia, come spiega il ministro, non preclude soluzioni aggiuntive a quella oggi rappresentata dallo Stabilimento chimico farmaceutico di Firenze. A patto ovviamente che le nuove proposte rispondano ai criteri di certificazione, sicurezza e operatività disciplinati dal governo. Nessuna scadenza temporale, ma la porta ora è aperta: spetta alla giunta regionale mettere sul tavolo un progetto concreto che sarebbe peraltro già allo studio.

La disponibilità è emersa durante l’incontro a Roma tra il ministro e i consiglieri regionali del Ncd Alessandro Colautti e Paride Cargnelutti: la discussione fra colleghi di partito ha riguardato la riforma sanitaria in atto in Friuli Venezia Giulia e, appunto, la richiesta da parte degli esponenti regionali di concedere margini di autonomia ai territori per decentrare la produzione di cannabis terapeutica e alleggerire le complessità burocratiche per l’accesso alle cure. Interfacciandosi con il servizio sanitario regionale e i medici, imprese selezionate potrebbero così produrre quantitativi in linea con un fabbisogno crescente.

In Fvg cannabis terapeutica prescritta 218 volte
Piante di cannabis utilizzate a scopo terapeutico

L’apertura di Lorenzin è una prima prudente risposta alla delusione di chi in questi mesi ha evidenziato che il testo non faciliterebbe l’accesso al farmaco e vanificherebbe le richieste di alcune Regioni di decentrare una coltivazione, che per ora è affidata solo allo Stabilimento chimico farmaceutico di Firenze, nell’ambito del progetto pilota avviato dai ministeri di Salute, Difesa e Politiche agricole. La critica si appunta anche sulle quantità di prodotto previste dalla sperimentazione: tre diversi genotipi di cannabis per un totale di 100 chilogrammi all’anno, contro la stima di necessità doppie da parte dei pazienti e proiezioni superiori alla tonnellata annua nel medio periodo. Il timore è che il progetto fiorentino non scongiuri la necessità di continuare a importare il farmaco Bedrocan dall’Olanda, unico paese europeo a produrre la cannabis terapeutica e a distribuirla in Italia con complesse procedure burocratiche.

La situazione sta generando frustrazione tra le associazioni dei malati, che nel 2015 hanno continuato a scontare un accesso al farmaco rarefatto e costoso, con inevitabili ricadute sulla continuità delle cure. Non rassicura il fatto che la produzione di Firenze si baserà sulla comunicazione dei fabbisogni da parte delle Regioni, in un contesto che vede tuttavia ancora pochissimi medici informati sulle potenzialità del farmaco e dunque disposti alla prescrizione. Lo Stabilimento toscano non prevedrebbe inoltre l’accumulo di scorte, con il rischio di interruzioni nell’accesso ai cannabinoidi. L’insoddisfazione serpeggia anche nelle aziende che speravano di entrare nel business della cannabis terapeutica. Le imprese interessate a una produzione esterna a quella di Firenze notano infatti che il decreto affida a soggetti terzi un ruolo soltanto sussidiario, teso a coprire l’eventuale deficit tra domanda dei territori e produzione toscana. Simile modalità è poco interessante per le aziende private, cui il governo chiede non soltanto di fornire la materia prima a prezzi più bassi di quelli di mercato, ma anche di sottoporsi a complessi protocolli, il cui costo d’avvio non sarebbe ammortizzato qualora un aumento della produzione di Firenze faccia sì che l’apporto di produttori esterni non sia più richiesto.

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