Il miele di Marasca di Trebiciano è il più buono d’Italia
La melata della Settimi&Ziani trionfa al premio di Montalcino "Il miele del sindaco 2017". A puntare sull’eccellenza carsolina è stata la città di Sacile
Silvano Trieste 18/05/2017 Paesi del Carso, Padriciano, Trebiciano
TRIESTE È il miele di Marasca dell’azienda triestina Settimi&Ziani di Trebiciano ad affermarsi per il 2017 nel prestigioso concorso nazionale “Miele del Sindaco” promosso dall’associazione “Città del Miele”. A ricevere il premio - questa la singolarità - è la città di Sacile, che nel Friuli Venezia Giulia è l’unica ad aderire all’associazione e dunque a partecipare all’importante kermesse, dove si laureano i migliori mieli d’Italia e in particolare quelli che meglio interpretano il legame con il territorio d’origine.
«Non era mia intenzione partecipare quest’anno ad alcun concorso – spiega Fausto Settimi, che assieme alla moglie conduce il suo “dolce” quartier generale nel verde di Trebiciano -. Il 2017 non sarà certo ricordato tra le annate migliori per chi produce miele – osserva –: tante sono state le vicissitudini e le problematiche dovute alle condizioni climatiche. Ma a Sacile, che nella nostra regione è l’unica città a aderire all’associazione “Città del Miele”, hanno avuto la bella pensata di partecipare al concorso “Il miele del Sindaco”, proponendo un prodotto particolare e unico come la melata o meglio il miele di ciliegio canino, che si produce proprio sul nostro altipiano».
A fare da tramite tra Sacile e Trebiciano è stato «un amico apicoltore della destra al Tagliamento, Pietro Ventura - prosegue Settimini -. È venuto a trovarmi e mi ha prospettato l’intenzione di proporre il mio miele all’edizione annuale del concorso. Così, alla resa dei conti, l’amministrazione comunale di Sacile ha voluto partecipare alla kermesse con il mio miele carsolino a rappresentare a Montalcino, sede dell’associazione “Città del Miele”, l’intero Friuli Venezia Giulia».
Gli assaggi si sono svolti a metà settembre in quella che è considerata la capitale del miele italiano di qualità. Nessuna etichetta certificava produttore, territorio e regione di provenienza. E per l’ennesima volta la rara e preziosa marasca triestina ha conquistato i palati del gotha del miele italiano.
Grazie all’intelligente intuizione della comunità di apicoltori sacilesi si è preferito proporre un miele particolare e raro, immagine assoluta di un territorio unico e peculiare come l’Altipiano Carsico, piuttosto che partecipare con altri prodotti senz’altro buoni ma più comuni.
Grazie alla melata triestina, l’attestato del Premio è stato consegnato al sindaco di Sacile. Per l’azienda triestina c’è la soddisfazione dell’ennesimo attestato di merito conseguito a livello nazionale. Già nel 1998 Settimi&Ziani erano stati premiati a Bologna con le importanti “Tre gocce d’oro”; nel 2001 era seguita l’affermazione a Gorizia in un concorso internazionale e poi quello, nel 2005, a Montalcino, patria non solo di grandi vini rossi ma anche del miele di qualità.
«Il miele di ciliegio selvatico – spiega Fausto Settimi – è frutto di un’area unica e particolare e viene erroneamente definito come “Marasca”. Della famiglia dei prunus, che conta decine di specie di alberi e arbusti, il ciliegio selvatico veniva un tempo utilizzato dalle nostre parti come porta innesto grazie alla capacità delle sue radici di insinuarsi a fondo nella pietra a garantirsi quella preziosa acqua che sul Carso è sempre stata merce rara. Conosciuto un tempo come “Santa Lucia”, è un miele prodotto in quantità davvero minime».
Dal colore ambrato e dai riflessi rossastri, si tipicizza per il profumo delicato che richiama la marmellata di ciliegie, con leggeri sentori di mandorla. Pur nell’esiguità del suo territorio e delle quantità prodotte, la provincia di Trieste continua a proporre eccellenze enogastronomiche riconosciute ai più alti livelli. Non solo vini e olii, dunque, ma anche il risultato della fatica delle operaie più piccole e necessarie del mondo.
Il segreto di un miele così buono? «Sono le oltre mille fioriture che dalla primavera all’autunno inoltrato si susseguono lungo un altipiano – puntualizza Settimi – dove non si pratica l’agricoltura estensiva e dunque non si utilizzano prodotti di sintesi. Ogni annata si caratterizza per il suo andamento. Si raccoglie quello che gli alveari danno all’insegna della tipicità. Nessuna forzatura: come per il vino e l’extravergine, la terra ci dà quello che può. Questo è il Carso: poco ma ottimo».
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