Il mercato non riprende quota Allarme per 80 operai Sertubi

L’inizio del 2017 sembra confermare gli elementi di incertezza maturati nel corso dell’anno passato all’interno del contesto economico territoriale. Prima la solidarietà procrastinata alla Burgo, poi gli esuberi degli interinali alla Flex, la Ferriera prosegue lungo un cammino di tensioni, della Wärtsilä si attende di conoscere il definitivo esito del piano di riorganizzazione interna.
Adesso un ulteriore tassello di preoccupazione, aggiunto dalle organizzazioni sindacali, riguarda Sertubi. A sollevare interrogativi sul futuro di un’azienda dal passato burrascoso sono i segretari di Fim e Uilm, le sigle che hanno “rsu” nello stabilimento in via von Bruck, all’interno dell’area ex Arsenale. Umberto Salvaneschi (Fim) e Antonio Rodà (Uilm) hanno richiesto un incontro urgente al direttore generale Massimiliano Iuvara: all’ordine del giorno «la stagnazione delle attività».
«Scarico di lavoro, nessuna nuova commessa, dipendenti invitati ad andare in ferie - comunicano i sindacalisti - sono segnali che non ci piacciono. Vogliamo capire se gli ordinativi di tubi in ghisa, destinati all’Iraq, sono le uniche opportunità produttive della fabbrica. O se esiste qualche alternativa capace di muovere una situazione asfittica». La crisi dell’oil&gas, colpito da una persistente depressione del prezzo, si è ripercossa sull’indotto (Fincantieri, Wärtsilä, Redaelli lo sanno bene) mordendo anche il mercato battuto da Sertubi.
Si sperava che il superamento della questione-dazi avrebbe consentito una ripresa, ma finora così non è stato: ricordiamo che la Commissione Ue aveva in un primo tempo deciso di introdurre pedaggi anti-dumping, che poi erano stati eliminati per quel che riguardava i tubi di ghisa semi-lavorati (come quelli triestini).
L’azienda triestina partecipa al gruppo indiano Jindal, che ha rinnovato l’affitto dell’azienda fino al 2021. Affitto, perchè la proprietà è della Duferco, oggi guidata da Antonio Gozzi, presidente di Federacciai. Jindal è una delle maggiori realtà siderurgiche mondiali e opera nel nostro Paese con una controllata presieduta da Maneesh Kumar, che nello scorso settembre ha incontrato il presidente della Regione Fvg Serracchiani, per informarla sulle criticità di mercato attraversate dal settore.
Jindal ricorre con una certa frequenza nelle cronache economiche, in quanto partecipa a una delle due cordate per l’acquisizione dell’Ilva: quella che “annoda” Arvedi, Cassa depositi e prestiti, la finanziaria di Leonardo Del Vecchio. E recentemente si è riparlato del gruppo indiano anche per Piombino.
Jindal prese le redini di Sertubi nel 2011 e gestì una pesante ristrutturazione: la fabbrica triestina aveva oltre 200 dipendenti e adesso ne ha 80. Forse la più pesante crisi nella recente vicenda dell’industria triestina. E comunque, nonostante il dimagrimento occupazionale «l’azienda - osservano Salvaneschi e Rodà - non è mai decollata». «A novembre l’azienda ci ha detto che sarebbero stati sondati anche i mercati europei, dopo che quello italiano era sceso dei due terzi durante il 2016».
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