Il magazzino low cost che fa rivivere i tempi dei vecchi ”jeansinari”

A migliaia da oltreconfine per gli acquisti da Mirella, dove anche i triestini però sono sempre più numerosi
Foto Bruni 09.10.14 magazzini Mirella, via Cavour
Foto Bruni 09.10.14 magazzini Mirella, via Cavour

Dopo i fasti degli anni Settanta e Ottanta, quando i mercatini di piazza Ponterosso e piazza della Libertà insieme ai negozi di Borgo Teresiano attiravano migliaia di acquirenti d’oltreconfine con un giro d’affari di miliardi delle vecchie lire, il fenomeno si era assopito, fin quasi a scomparire. Ma da qualche anno - e soprattutto negli ultimi mesi - nuove ondate di clienti arrivano in massa a Trieste, privati o proprietari di negozi delle vicine Slovenia e Croazia, per fare incetta di abiti a basso costo, spesso da rivendere nelle proprie città. Si fermano con camioncini, furgoni o arrivano con i pullman.

La mèta? Il grande magazzino di abbigliamento di corso Cavour, noto come Mirella anche se non esistono scritte né insegne che lo indichino. Un luogo pittoresco, tanto che appare ormai in alcuni libri, in molti siti turistici e in qualche portale web di viaggi, come su www.turistipercaso.it. E la merce a basso costo ha attirato anche l’attenzione di alcune nazionali di volley, a Trieste per i recenti Mondiali, che sono state viste far acquisti con tanto di trolley da riempire proprio dentro il negozio, incuriosite dal via via continuo di persone di fronte all’hotel in cui soggiornavano, appunto in corso Cavour.

Vestiti, scarpe, bigiotteria e biancheria difficilmente superano i 10 euro, sistemati in grandi cestoni o in infiniti appendiabiti che arrivano fino al soffitto. Anche l’orario è particolare: le porte si aprono alle 6 del mattino per chiudersi, a seconda del periodo dell’anno, tra le 18 e le 19. Alla cassa senza staccarsi un attimo dal lavoro c’è lei, Mirella, inavvicinabile. Dentro è un continuo andirivieni di persone, tra triestini - sempre più numerosi, complice la crisi - e tantissimi stranieri. Poco importa se i cartelli sono scritti spesso in un italiano strampalato, vedi “fousox” in offerta o “malia tutte le taglie”: in molti cedono al “fascino” della mutanda a un euro, della t-shirt a 2 o dell’abito a 3,50. Gli stessi commessi che accolgono la clientela arrivano d’oltreconfine, ma, oltre agli italiani, da un po’ di tempo sono anche cinesi. Insomma pure Mirella si è adeguata alla multiculturalità triestina. Fuori dall’ingresso ecco sostare gruppi di persone con borsoni enormi, pronti a salire sui mezzi con targa straniera o frotte di donne che attendono i mariti dopo aver riempito sacchi di roba.

Impossibile non ripensare agli scenari anni ’70 e ‘80. «All’epoca il giro d’affari era sostanzioso – ricorda Dario, commerciante negli “anni d’oro” – con la mia famiglia avevamo due chioschi davanti alla stazione centrale e poi alcuni negozi in Borgo Teresiano. Si lavorava tanto perché la Jugoslavia aveva 21 milioni di abitanti e moltissimi si rifornivano a Trieste. Non solo. Molti commercianti jugoslavi rivendevano a loro volta ai Paesi dell’Est. Ricordo bene i tanti pullman che arrivavano di continuo. Certo ci sono stati anche periodi bui, con la chiusura dei confini, ma è stato un momento di grandi guadagni per molti esercenti». Poi la crisi, a fine anni ’90. «La capacità d’acquisto si è ridotta e noi, come molti altri – conclude Dario – abbiamo venduto i nostri spazi ai cinesi». Mirella invece resiste, almeno per ora, baluardo “low cost” segnalato e consigliato anche da siti sloveni e croati.

Micol Brusaferro

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