Il leghista Razzini assolto dall’accusa di peculato

“il fatto non sussiste”. L’ex consigliere regionale del Fvg aveva restituito oppure acquistato i beni comprati a suo tempo con fondi regionali
Federico Razzini
Federico Razzini

TRIESTE. L’ex consigliere regionale della Lega Nord Federico Razzini è stato assolto ieri dal Gup Guido Patriarchi dall’accusa di peculato per l’acquisto di beni strumentali comprati con i fondi del gruppo e non restituiti. Il caso è una diramazione minore della maxi inchiesta sulle “spese pazze” del Consiglio regionale.

In questo procedimento, però, di spese pazze non si è trattato, perché il giudice ha assolto Razzini con la formula più ampia: il fatto non sussiste. Il pm stesso aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato in una seduta di qualche settimana fa. Razzini aveva rifiutato l’unificazione di questo procedimento con gli altri che riguardano lui e altri consiglieri regionali della passata legislatura, proprio perché convinto della chiarezza della sua posizione: l’accusa riguardava dei beni che l’allora consigliere aveva acquistato o restituito. La legale di Razzini, l’avvocato Caterina Belletti, aveva quindi chiesto il rito abbreviato. Una mossa che si è rivelata vincente.

Ora Belletti esulta per il risultato ottenuto: «Vorrei rimarcare il fatto che Razzini è stato assolto con formula ampia perché il fatto non sussiste - dice -. Questo conferma la mia tesi, secondo cui non è possibile omologare tutte le posizioni». Se avessero accettato l’unificazione con gli altri procedimenti, prosegue l’avvocato, la storia sarebbe andata diversamente: «Il dottor Razzini sarebbe ancora dentro il procedimento perché invece di valutare la singola posizione il pm ha fatto di tutte l’erbe un fascio. E se non avessi chiesto il rito abbreviato avrebbe chiesto la condanna come ha fatto per tutti gli altri che hanno scelto l’unificazione». Insomma, giudica Belletti, «non è scontata la tesi del pm, per cui i consiglieri hanno tutti speso male i soldi e quindi devono essere condannati. Parliamo di responsabilità penali, e quindi su ogni posizione bisogna andare a vedere se sussiste il fatto e se sussistono gli elementi di volontarietà».

Nel caso di Razzini i beni in questione sono stati acquistati o restituiti dall’ex consigliere, «e quindi come dicevamo fin dal principio il peculato non c’è». Questa la vicenda: a fine giugno 2013 l’allora consigliere riceve una lettera dal capogruppo del Carroccio Danilo Narduzzi in cui si chiede la restituzione dei beni strumentali acquistati con i fondi del gruppo. Razzini aveva dato subito la sua disponibilità ma, mentre attendeva risposta sulla possibilità di riscattarne alcuni, era arrivato l’avviso di garanzia. (g.tom.)

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