Il lavoro da casa a oltranza svuota bar, buffet e negozi a Trieste

TRIESTE Vendite di caffè e brioche in netto calo. Ristoranti e tavole calde attrezzate per le pause pranzo mezzi vuoti in quella che una volta era l’ora di punta. E ancora negozi in genere aperti da mattina a sera pronti ad abbandonare l’orario continuato e parcheggi con pochissime vetture in sosta. Sono alcuni degli effetti prodotti sull’economia della città dallo smart working che colossi assicurativi, grandi aziende, banche - ma pure realtà pubbliche come Municipio, Regione e Tribunale - hanno deciso di prolungare per una larga fetta dei loro dipendenti. Migliaia di persone che, nonostante l’avvio della Fase 2, continuano a non andare in ufficio, e di conseguenza a non muoversi, mangiare e comprare in centro a Trieste, già “orfano” dei turisti.
E la mancanza del “popolo dei colletti bianchi” si farà con ogni probabilità sentire ancora a lungo. Le amministrazioni pubbliche non prevedono di interrompere il lavoro agile per centinaia di dipendenti prima della a fine estate; i colossi assicurativi non escludono di prolungare lo smart working per un ampio numero di lavoratori addirittura fino a dicembre. Così restano vuoti i parcheggi, da quelli su strada ai quelli ricavati nei contenitori, con un calo medio del 20% dei posti occupati. Sensibile soprattutto la riduzione del numero degli scooter sistemati in centro. «Il calo è ben visibile - conferma il presidente di Esatto, Andrea Polacco -. Al mattino il numero di stalli occupati è superiore ma dal primo pomeriggio il calo è evidente».
Basta muoversi all’ora di pranzo in centro città per rendersi conto di come la città – malgrado le attività commerciali abbiano ormai riaperto – sia semivuota. Si anima al mattino, ma dall’una in poi rallenta. I buffet, i bar, le pizzerie e i ristoranti hanno visto praticamente sparire i buoni pasto e i tavoli restano vuoti. «Avevo messo in conto la diffidenza di alcune persone dettata dall’emergenza e l’assenza dei turisti, – ammette Paolo Polla, titolare dello storico Buffet da Pepi – ma un crollo così importante della clientela dei lavoratori in pausa pranzo non l’avevo immaginata. I buoni pasto sono un miraggio». Registrano il fenomeno anche i supermercati di piccole dimensioni aperti in centro dove molti impiegati prendevano qualcosa di veloce da mettere sotto i denti a pranzo. Tra questi, ad esempio, i punti vendita Despar in piazza dell’Unità, in piazza San Giovanni, sul canale di Ponterosso, in via del Teatro Romano, oppure Bosco di piazza Goldoni. «Se tutti gli altri punti vendita defilati dal centro lavorano molto bene, quello – spiega Fabio Bosco – è l’unico a registrare un calo delle vendite rispetto al periodo pre-Covid 19, proprio perché manca quella fetta di clienti». L’assenza del motore rappresentato da migliaia di lavoratori si sente anche nei negozi al dettaglio, dove impiegate e impiegati si riversavano spesso all’ora di pranzo o a fine turno. Alcuni stanno valutando se ripristinare per un po’ la chiusura dalle 13 alle 15.30, rinunciando all’orario continuato. «L’effetto è devastante, – conferma il presidente di Confcommercio Trieste, Antonio Paoletti –. Comprendo l’emergenza, ma se abbiamo riaperto tutte le attività commerciali e, invece, gli uffici pubblici e privati non tornano alla normalità a livello di personale, la città sarà costretta a rivedere il suo tessuto sociale. Se continua così, non so come faranno a vivere quelle attività, i loro titolari e il personale al quale danno lavoro». —
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