Il Kosovo ammesso alle Olimpiadi di Rio
La porta era già stata socchiusa a ottobre, con la legittimazione provvisoria. Ora è stata definitivamente spalancata, con una decisione storica. Porta, quella che conduce nel prestigiosissimo club del Comitato olimpico internazionale, che si è definitivamente aperta ieri per il Kosovo, ammesso nel Cio come suo 205/esimo membro.
Kosovo, o meglio il suo «Comitato olimpico nazionale», che «soddisfa i requisiti per il riconoscimento», ha specificato il Cio dopo la 127/a sessione straordinaria. Quali? Quelli sportivi, dato che Pristina conta «più di trenta federazioni nazionali affiliate». Ma il Kosovo rientra anche nella definizione di «Stato», dato che è «Paese indipendente riconosciuto dalla comunità internazionale».
Non da tutta, hanno ammesso gli stessi delegati del Comitato olimpico, ma comunque da «108 Paesi membri dell’Onu su 193», questi i riconoscimenti ottenuti dal 2008, l’anno della dichiarazione d’indipendenza unilaterale, a oggi. Numeri sufficienti per dare luce verde agli atleti kosovari, che potranno ora «partecipare alle qualificazioni per le Olimpiadi di Rio 2016» e alle «prossime edizioni dei giochi», inclusa quella brasiliana. Una vittoria sportiva storica – ma anche e forse soprattutto politica - che ha fatto esultare gli sportivi kosovari e i leader al potere a Pristina.
«Finisce l’isolamento e la discriminazione», ha esultato il ministro uscente dello Sport, Krasniqi. «Congratulazioni al Kosovo e a suoi atleti, la nostra bandiera sventolerà alle Olimpiadi», ha scritto sul proprio profilo Facebook l’ormai ex premier Thaci, ora vice primo ministro e ministro degli Esteri. Thaci che ha poi confermato le voci che si rincorrevano da tempo.
La portabandiera kosovara a Rio sarà «Majlinda», ha annunciato il leader del Pdk riferendosi alla giovane judoka Majlinda Kelmendi, una delle atlete più forti sul panorama mondiale, costretta a Londra 2012 a correre per l’Albania, dato che il suo Kosovo era ancora fuori dai Giochi. Una mossa che non sembra però essere piaciuta a Belgrado. «Come ministro dello Sport, confermo che la decisione non è positiva perché rappresenta un precedente che potrebbe minare lo sport mondiale», ha attaccato Vanja Udovicic, parlando di azione «controproducente». «Inaccettabile e in contraddizione con la Carta Olimpica», l’ha invece definita il ministro degli Esteri, Dacic, parlando anche di pericolosa «politicizzazione» dello sport.
Ma il presidente del Cio, Thomas Bach, ha raccontato una versione diversa. Bach che ha rivelato che la Serbia non si sarebbe formalmente opposta al riconoscimento del Comitato olimpico del Kosovo. Per questo, ha aggiunto Bach, «ringrazio Vlade Divac», oggi numero uno dell’Olimpijski komitet Srbije, «per la sua sincera sportività» e per aver posto, seppur fosse in disaccordo con la decisione del Cio, «gli interessi individuali dietro a quelli degli atleti del Kosovo».
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