Il “grande segreto” sulla chemioterapia

È stato appena pubblicato “The great secret”, l’ultimo libro della giornalista Jennet Connant, reperibile on line. Racconta di una storia di guerra accaduta in Italia e tenuta nascosta per decenni, con ripercussioni fondamentali per la medicina.
Bari, 2 dicembre 1943. Dopo la risalita della penisola e lo sbarco degli alleati a Salerno nel settembre dello stesso anno, il porto di Bari è pieno di navi alleate. Oltre a quelle da guerra, decine di navi trasportano armi e materiali per il fronte, in preparazione di quella che diventerà la battaglia di Monte Cassino. Verso sera suonano gli allarmi per un’incursione aerea: più di un centinaio di bombardieri della Luftwaffe colpiscono il porto indisturbati. È una Pearl Harbour: 17 navi sono affondate e altre 8 gravemente danneggiate. Centinaia di marinai vengono trasportati negli ospedali della città, molti di questi dopo essere stati ripescati dal mare ricoperti dalla nafta rilasciata dagli scafi affondati.
Già nelle prime ore i medici si rendono conto che è successo qualcosa di strano: i giovani soldati sviluppano bolle e pustole sulla pelle, i loro occhi si gonfiano; molti muoiono anche dopo diversi giorni dall’evento senza che nulla possa essere fatto. In gran segreto viene fatto arrivare sul posto il dottor Stewart Alexander, 29 anni, esperto di armi chimiche. Rompendo l’omertà delle autorità militari britanniche a capo del porto e confutando persino le certezze di Churchill in persona, la diagnosi di Alexander è chiara: una delle navi alleate trasportava iprite, un gas tossico. Nell’affondamento, la sostanza chimica si era diffusa nell’acqua e sciolta nel combustibile rilasciato dai serbatoi delle navi. I marinai finiti in acqua ne erano rimasti contaminati. La storia è rimasta a lungo top secret perché la guerra chimica era diventata tabù dopo la convenzione che aveva voluto porre fine alle atrocità della Prima Guerra Mondiale. Ma gli americani continuavano a spostare carichi di gas per seguire il fronte, con l’idea di essere pronti alla ritorsione nel caso i tedeschi ne avessero fatti uso per primi.
Quando Alexander analizzò i soldati colpiti dall’agente chimico si accorse che questi mostravano un numero di globuli bianchi in progressiva discesa. Era la prima volta che l’iprite veniva somministrata in forma liquida, e Alexander intuì che la sostanza bloccava la replicazione delle cellule: immediatamente ne pensò il possibile utilizzo per la terapia delle leucemie. Fu l’inizio della chemioterapia per curare i tumori.
Ci vollero poi tanta tenacia per far passare questa idea e diversi decenni prima che farmaci realmente efficaci fossero disponibili per i pazienti. —
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