«Il giovanilista Beppe messo al tappeto da un giovane vero»

ROMA. «Gli italiani hanno definitivamente scelto il rinnovamento». Gad Lerner commenta i risultati delle elezioni europee e la clamorosa affermazione del Pd con il 40,8% dei voti: «È entrato nel senso comune dei cittadini l’impulso di cambiare l’esistente. Il premio che va al Pd e alla sua leadership, al di là di ogni previsione, è un riconoscimento alle capacità anche brutali di perseguire questo obiettivo».
Rottamazione realizzata, dunque?
Bruttissima parola, ma che contiene il senso profondo di queste elezioni, la rottura di uno schema, e la realizzazione di un’aspettativa di ricambio che è ormai un bisogno profondo degli italiani. Peraltro tutto nasce da un meccanismo di partecipazione, attraverso le primarie, che ha creato una sintonia profonda tra questa necessità collettiva e il suo realizzatore.
Largo ai giovani...
Sì, mi sembra un cambiamento che ha una connotazione anche fisica. Segnalo solo la contraddizione della reazione alla sconfitta di Grillo, che se l’è presa col voto dei pensionati. Lui che è un pensionato Siae, coi capelli bianchi, uno che calca le scene, per quanto di vario tipo, da decenni, sempre con lo stesso tono di voce, e lo dice riferendosi a uno che non ha nemmeno quarant’anni. Sta venendo fuori la drammatica differenza, a tutto vantaggio della prima, tra gioventù e giovanilismo, un’attitudine questa che avevamo conosciuto già con Berlusconi. Questa sfida alla biologia con Grillo vien fuori con la traversata dello Stretto di Messina, una mossa che doveva sostituire nell’opinione pubblica la fama di sciupafemmine e i capelli eternamente tinti di Berlusconi. Però, davanti a un giovane vero, il giovanilismo sta mostrando i suoi limiti.
E tuttavia in questa lunga campagna elettorale Grillo sembrava sempre col vento in poppa. Forse ci vorrebbe oggi una profonda autocritica nei mezzi di informazione.
In realtà io credo che ci sia stata una specie di servilismo preventivo, frutto dell’intimidazione grillina: davanti alla prospettiva che si prendesse l’Italia, molti giornalisti si sono portati avanti col lavoro. Ma il rancore sociale è stato davvero sovrarappresentato: non lo voglio negare, ma forse occorrerebbe verificare se l’effetto prevalente della sofferenza sociale non sia piuttosto la rassegnazione, la solitudine, la depressione. È uno scenario forse perfino più grave, i media dovrebbero occuparsene di più.
Renzi come dovrebbe gestire questo grande investimento sulla sua proposta politica?
Intanto il rischio del solipsismo è alto, anche nella stretta cerchia del premier si valuta come un pericolo la tentazione di fare tutto da soli con questi numeri così plateali. Ma credo che il premier sarà molto accorto a coinvolgere tutti nelle sue scelte che pure non saranno certo morbide: in fondo lui è stato legittimato proprio da una comunità come il Pd, che per quanto litigiosa, ha sempre trovato una sua unità. Immagino inoltre che in Parlamento si allargherà il consenso in termini di voti, forse con un coinvolgimento di una bella fetta di Sel. Dopotutto questo scenario rientra in uno schema più vasto: Tsipras ha aperto un canale con Schulz in Europa, anche perché gli servono i voti socialisti per fare il primo ministro in Grecia. Insomma per Renzi i margini si possono addirittura allargare, anche perché in sostanza non ha nemici a sinistra.
Grillo come si muoverà secondo lei?
A me pare che l’onda del movimento si sia infranta e comincia oggi il suo ridimensionamento. Il che non è detto sia un bene perché si dà occasione alla nascita di movimenti reazionari più preoccupanti, come ce ne sono già in Europa. Penso alla nuova Lega, che ha accantonato la connotazione geografica, con Salvini che addirittura ringrazia il centro-sud e Maroni che non nasconde di voler rifondare il centrodestra. Il berlusconismo senza Berlusconi avvantaggia il Carroccio a Nord e a Sud potrebbe prestare il fianco a leadership pericolose, con forti rischi di infiltrazioni malavitose, conseguenza di una società in profonda crisi, tra economia illegale e disoccupazione tragica. Le recenti vicende giudiziarie di Dell’Utri e Scajola dovrebbero far riflettere e far scattare più di un allarme.
L’ha colpita il risultato deludente di Forza Italia?
Fino a un certo punto. Penso che Berlusconi già da tempo abbia compreso che la sua parabola è ormai discendente e quindi ha impostato tutto sull’autodifesa: per non andare in galera e per difendere il patrimonio. Renzi l’ha capito e ha magistralmente offerto l’Italicum, che consentirà a Berlusconi, pur senza alcuna pretesa di tornare al governo, di essere il padrone del suo campo attraverso le candidature, che sceglierà lui personalmente in quanto leader del primo partito della coalizione, così costituendo una legione di fedelissimi a sua protezione.
C’è un personaggio che l’ha colpita in questa campagna elettorale?
La Serracchiani. Confesso di averla giudicata, quando venne fuori, poco più che un fuoco di paglia e disapprovavo i miei colleghi conduttori dei talk-show che facevano la gara ad invitarla. Ha invece mostrato grandi qualità e capito l’essenza della leadership contemporanea: rilevanza nazionale a forte radice territoriale. Le consiglierei di non imboccare scorciatoie, usando l’amministrazione regionale come trampolino per Roma.
Per chiudere un bilancio generale di queste elezioni.
Siamo a un bivio decisivo: o diventiamo Stati Uniti d’Europa, con una gestione davvero comunitaria delle politiche, oppure l’Ue nel giro di un paio d’anni potrebbe scoppiare. E con i nazionalismi, gli estremismi, le derive xenofobe, l’antisemitismo, che si vedono in giro non c’è da stare affatto tranquilli. Il pericolo è molto alto, e l’Italia ha il dovere politico di segnalarlo con forza e sventarlo.
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