Il giorno di Sarajevo che cambiò la storia

Le minacce, la bomba, poi Princip prende la pistola e spara
Francesco Ferdinando e Sophie poco prima dell'attentato a Sarajevo
Francesco Ferdinando e Sophie poco prima dell'attentato a Sarajevo

Quando, il 4 giugno 1914, Francesco Ferdinando si presenta dallo zio imperatore per annunciargli che è sua intenzione recarsi a fine mese in Bosnia-Erzegovina per assistere alle manovre, sottovaluta coscientemente una serie di segnali giunti da tempo a Vienna. Già il 9 dicembre precedente, su un giornale serbo stampato a Chicago, "Srbrobran", è apparsa un'aperta minaccia: "L'erede al trono austriaco ha annunciato la sua visita a Sarajevo per la primavera. Serbi, prendete tutto ciò che potete, coltelli, fucili, bombe e dinamite. Compite una giusta vendetta! Morte alla dinastia degli Asburgo". Qualche settimana prima Josip Sunaric, capo dei croati bosniaci, ha inviato un dispaccio al ministro austro-ungarico Leon von Bilinski, incaricato delle questioni legate alla Bosnia-Erzegovina, con cui segnala una situazione di pericolo. E il giorno successivo alla visita di Francesco Ferdinando allo zio, l'ambasciatore serbo Jovan Jovanovic ha dato notizia allo stesso von Bilinski di voci di una cospirazione in occasione dell'annunciata visita, aggiungendo che il governo di Belgrado suggerisce uno spostamento della data delle manovre. Intanto, il gruppetto degli attentatori è già in viaggio per Sarajevo.

Ma Francesco Ferdinando non ascolta ragioni: «Non intendo farmi mettere sotto una campana di vetro», spiega. Il 27 giugno si presenta con la moglie Sophie alle manovre di Ilidze, dove l'esibizione di 22 mila soldati lo riempie di soddisfazione, al punto da inoltrare in serata un telegramma all'imperatore, nel frattempo trasferitosi a Bad Ischl, in Baviera, dove usa trascorrere i periodi di vacanza: "La condizione delle truppe, la loro preparazione nonché le loro prestazioni sono eccellenti e superiori ad ogni elogio. Morale altissimo ed elevato grado di rendimento. Domani visiterò Sarajevo e ripartirò in serata".

la giacca insanguinata di Francesco Ferdinando
la giacca insanguinata di Francesco Ferdinando

Sono le 9.20 di domenica 28 quando la coppia arriva in treno nella capitale bosniaca, salutata da 24 salve di cannone. Dopo gli onori di rito, alle 10 sale su un'auto decapottabile, una Graf & Stift "Bois de Boulogne" 4 cilindri, del conte Franz von Harrach. Francesco Ferdinando è in uniforme da generale, con giacca azzurra, pantaloni neri con banda rossa e cappello con piume verdi; Sophie indossa un abito bianco e un cappello dello stesso colore ornato da piume di airone; con loro salgono von Harrach e il governatore militare della regione, Oskar Potiorek. Al volante c'è un triestino, Carlo Cirillo Diviak.

Il corteo di auto (sette in tutto, quella della coppia è la terza) imbocca il lungofiume sulla riva destra della Miliacka. Gli attentatori si sono già appostati. All'altezza del ponte Cumurja, Nedeljko Cabrinovic lancia una bomba mancando però il bersaglio: va a centrare la macchina subito dietro quella dell'arciduca, ferendo l'aiutante di campo di Potiorek, Erik Edler von Merizzi, e alcuni spettatori. Cabrinovic si getta nel fiume, ma viene subito catturato. L'erede al trono raggiunge il municipio, dove fa una sfuriata al borgomastro, sbriga rapidamente le formalità; poi risale in macchina per raggiungere il Konak, l'antico serraglio, dov'è stato allestito il pranzo di dieci portate, e dove l'orchestra è pronta per suonare il valzer-concerto "Non c'è vita senza amore".

Sono le 10.30 quando il corteo riparte. Ma lungo il percorso c'è un equivoco sulla strada da prendere. L'auto della coppia deve fare un'inversione, ed è dunque quasi ferma. Proprio in quel momento lì, a un metro di distanza, si trova Gavrilo Princip, ormai rassegnato al fatto che il piano sia fallito. Non può sbagliare: impugna la sua Browning e spara due volte, colpendo prima Sophie allo stomaco, e subito dopo Francesco Ferdinando alla vena giugulare sulla destra del collo. Lui si getta su di lei implorando: «Sopherl, Sopherl, non morire! Resta viva per i nostri figli!». Ma la duchessa spira quasi subito, l'arciduca poco dopo.

La cattura di Gavrilo Princip subito dopo l'attentato
La cattura di Gavrilo Princip subito dopo l'attentato

A Sarajevo suonano le campane a morto, a Bad Ischl la notizia viene recata all'anziano imperatore dall'aiutante di campo, conte Eduard Parr. Eloquente la risposta: «Terribile! Poveri figlioli! Domani partiamo per Vienna». Francesco Giuseppe in cuor suo non ha mai visto di buon grado la successione di quel suo nipote al trono. La conferma viene da un'annotazione del diario di sua figlia Maria Valeria, dopo un colloquio col padre, il quale le confida: «Per me è un grosso pensiero di meno».

Intanto, le salme delle due vittime sono state imbarcate sulla corazzata Viribus unitis, che scortata da una flotta di 15 unità approda a Trieste la sera dell'1 luglio, intorno alle 18.30, ormeggiando dirimpetto alla diga all'altezza di Piazza Grande (l'attuale piazza dell'Unità d'Italia), mentre le campane di tutte le chiese della città suonano a morto. La mattina seguente i feretri vengono portati a terra, e alle 8 prende inizio la cerimonia funebre presieduta dal vescovo Andrej Karlin. Al termine, si forma un lungo corteo che alle 9.20 raggiunge la stazione della Meridionale: dopo l'ultima benedizione del vescovo, le bare sono caricate su un treno speciale che parte per Vienna, dove in serata giunge alla Sudbanhof.

Qui inizia l'ultimo atto della tragedia: la forma delle regole asburgiche prevale perfino sulla sostanza della morte. Per il suo rango classificato come inferiore, Sophie non può essere tumulata nella tradizionale tomba di famiglia, la Cripta dei Cappuccini, dal 1663 luogo di sepoltura della dinastia. Ben sapendolo, e non illudendosi certo di deroghe di sorta, Francesco Ferdinando ha lasciato scritto che vuole starle comunque vicino, indicando anche il luogo: il castello di Artstetten, nell'Austria inferiore, assegnatogli nel 1889 dal padre Carlo Ludovico. Le due salme passano comunque per la Cripta, dove vengono esposte al pubblico, ma rigorosamente distinte: su quella di lui sono depositate la corona, l'elmetto, la spada e le decorazioni; su quella di lei, posta mezzo metro più in basso, solo un paio di guanti bianchi e un ventaglio.

La camera ardente resta aperta appena due ore; i funerali si tengono nella parrocchia della Hofburg, in sordina, senza che siano stati invitati sovrani e principi stranieri. Infine, le bare possono intraprendere l'ultimo viaggio. A dispetto delle disposizioni ufficiali e del basso tono volutamente tenuto ("misure troppo insultanti per un popolo afflitto", scrive il giornale "Reichpost"), un lungo e spontaneo corteo di aristocratici e di militari le accompagna fino alla stazione ovest della capitale. Il treno le porta a Pochlarn, sul Danubio, dove vengono traghettate sulla sponda opposta verso la mezzanotte, sotto un improvviso e violento temporale.

Finalmente, sabato 4 luglio 1918, Francesco Ferdinando e Sophie possono riposare insieme, nella cappella del castello di Artstetten. Fuori, il mondo intero sta per spararsi addosso.

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