Il giornale sloveno fa satira su Orbán e Budapest scatena la guerra diplomatica

Scambio di note tra ambasciate. L’Ungheria: un incidente da non ripetere. Lubiana: noi rispettiamo la libertà di stampa

TRIESTE Il senso dell’umorismo non è di casa in Ungheria. Figuriamoci la satira politica. È bastata una vignetta al curaro pubblicata come copertina sul numero del settimanale sloveno Mladina del 22 marzo scorso per scatenare una guerra diplomatica tra Budapest e Lubiana. La vignetta incriminata è una satira sul sovranismo del premier ungherese Viktor Orban e dei suoi alleati politici sloveni, ossia il Partito democratico (Sds) guidato da Janez Janša, anche lui nella caricatura assieme a Branko Grims e Milan Zver, mentre si stringe attorno al premier magiaro intento a fare il saluto romano. Sullo sfondo sopra una gigantesca bandiera ungherese ma con lo stemma della Slovenia (Il Tricorno con le onde dell’Adriatico) uno striscione recita: «Lasciamo l’Europa, ma non lasciamo Orban».

Ed è quel saluto romano che è rimasto indigesto alle autorità di governo di Budapest anche perché la copertina di Mladina è stata immediatamente rilanciata dai principali portali web ungheresi e riprodotta su quasi tutti i quotidiani. Apriti cielo. Alla redazione di Mladina sono giunte mail di protesta da parte dell’ambasciatore magiaro a Lubiana Edit Szilagyine Batorfi e dal portavoce del governo Zoltan Kovacs che rigettano le palesi accuse di fascismo e quindi di antisemitismo che traspaiono, a loro detta, dalla vignetta nei confronti di Orban, accuse infamanti dovute alla politica anti migratoria messa in atto dal primo ministro di Budapest. E fino a qui ci poteva anche stare e il tutto si sarebbe limitato a un confronto democratico di due posizioni diverse.

Ma Budapest è andato oltre, ha «attraversato il Rubicone», come titola Mladina nel suo ultimo numero di ieri. L’ambasciata ungherese ha inviato al ministero degli Esteri di Lubiana una nota diplomatica in cui si esprime «la protesta» per «la copertina politicamente irresponsabile» del settimanale sloveno e si chiede al ministero degli Esteri della Slovenia «di evitare che in futuro simili incidenti abbiano a ripetersi». E da qui si capisce che il concetto di libertà di stampa in Ungheria suona alquanto sospetto. Al punto che si dà per scontato, come appare dalla nota, che un organismo di governo possa vietare a una redazione giornalistica la pubblicazione di alcuni contenuti. In altri termini questo tipo di intervento si chiama “censura”.

Molti diplomatici di lungo corso e non solo sloveni interpellati sulla vicenda dal settimanale di Lubiana hanno risposto di non aver mai assistito nella loro carriera a un fatto del genere. Un fatto definito da tutti «gravissimo» e al quale non è rimasto certo insensibile il destinatario della nota, ossia il ministero degli Esteri della Slovenia che conferma di aver prontamente risposto a Budapest sostenendo che «nello svolgimento della nostra attività politica rispettiamo il principio della libertà di stampa e quella di espressione e quindi non pensiamo neanche di intrometterci nella politica redazionale dei singoli mezzi di comunicazione della Slovenia». Chiaro e “diplomatically correct”. Per Lubiana la questione è chiusa.

Trent’anni fa un’altra copertina di Mladina fu al centro di uno scontro politico. In essa si denunciava la costruzione da parte dell’allora ministro della Difesa della Jugoslavia (Sfrj) Branko Mamula di una lussuosa villa ad Abbazia per la cui realizzazione la manodopera era costituita dai militari di leva dell’Armata popolare (Jna). Da allora iniziò la stretta di Belgrado sulla Slovenia e da lì nacque, come reazione, l’indipendentismo di Lubiana. Ma questa è un’altra storia. —


 

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