Il gestore del Molo VII: «Noi come il Pireo? Macché. Nessuno può comprare un pezzo di questo Paese. Le nostre leggi ci tuteleranno»
TRIESTE «Il domani va guardato negli occhi», dice Fabrizio Zerbini mentre scruta l’interlocutore dopo aver magnificato le opportunità che la geopolitica e l’interesse cinese potrebbero schiudere per il porto. Il presidente di Tmt, società che gestisce il Molo VII, si è stabilito quindici anni fa sulle sponde dell’Adriatico, dopo una vita passata prima a comandare navi e poi a sviluppare terminal container sul versante tirrenico.
È arrivato quando il porto versava al minimo storico. Cos’è cambiato?
Fino a poco tempo fa l’Italia sembrava finire a Venezia. Eppure Trieste è l’unico porto “europeo” della penisola, collocato al centro del continente e vicino alle aree che oggi si stanno sviluppando di più. Trieste è punto d’arrivo ideale per le merci dirette verso Sud ed Est Europa: l’Italia ha riscoperto solo pochi anni fa questa vocazione, che sta garantendo una crescita impetuosa al porto.
E quanto cresce il Molo VII?
In tre anni abbiamo un +50% sul traffico contenitori, che l’anno scorso sono stati pari a 630 mila teu. E nel triennio cresciamo del 90% su quanto viene spostato su binario: abbiamo 42 coppie di treni a settimana per Baviera, Austria, Repubblica ceca, Slovacchia e Ungheria, con una parte più limitata verso Veneto e Lombardia.
Una passeggiata di salute…
Insomma. Trieste ha visto in passato una forte decrescita del traffico e lo spostamento di case di spedizione e agenti verso altri lidi. Ci siamo dovuti attivare per acquisire mercati, aprendo uffici operativi a Monaco, Vienna e Budapest.
La Via della seta apre ora nuove opportunità?
L’Italia e il nostro territorio hanno necessità di investitori veri, che creino opportunità economiche e occupazionali. In un contesto di globalizzazione sono tutti benvenuti, a condizione che rispettino le leggi comunitarie e nazionali, nonché le condizioni di lavoro. Abbiamo un’Autorità per monitorare che tutto avvenga nella correttezza.
Cosa dice agli imprenditori friulani preoccupati?
Trieste è all’attenzione del mondo. Ci potrà essere sviluppo per l’intera regione. Non bisogna aver paura delle opportunità, ma bisogna farle crescere controllando i rischi che vengono paventati.
Finiremo come il Pireo?
Qui nessuno compra un pezzo d’Italia. Non esiste possibilità che si vendano porti o infrastrutture pubbliche. La cessione delle banchine è data dietro il beneplacito dell’Autorità portuale. I timori sono sopravanzati dalle leggi che ci tutelano e che prevedono concessioni assegnate per un tempo parametrato agli investimenti. Tmt ha una concessione che scadrà nel 2075 a fronte di un obbligo di investimenti infrastrutturali per 180 milioni: dopodiché la concessione scade e il molo torna allo Stato.
Che ne pensa del nervosismo americano?
Non devono preoccuparsi perché siamo parte della Nato e dell’Ue. Inoltre la Cina ha fatto importanti investimenti in Usa: andava tutto bene fino a due anni fa e ora non può andar tutto male. A breve Usa e Cina torneranno ad avvicinarsi.
Diamo fastidio anche in Ue...
La pretesa che Trieste cresca viene dall’Europa. È un dato che dal canale di Suez rispetto al Nord Europa ci si impieghi quattro giorni in meno. Al Nord si stanno poi riducendo i fondali dei fiumi e questo congestiona il sistema di trasporto con chiatte. Oggi Ravenna, Venezia, Trieste, Capodistria e Fiume stanno avendo una crescita importante, anche se il traffico verso il Nord Europa è decisamente più rilevante.
Capodistria è un alleato o un concorrente?
Ha il nostro stesso mercato. Entrambi i porti possono crescere ma vorremmo che, essendo tutti e due parte di nazioni Ue, si applicassero allo stesso modo le leggi comunitarie.
La rinascita adriatica dà fastidio a Genova?
Trieste non è in competizione con nessun porto italiano. Genova è il porto del traffico nazionale, del triangolo industriale, della pianura padana. Trieste è un porto di traffico internazionale.
A Trieste la Cina vuole investire sulla ferrovia. Anche qui niente rischi?
Bisognerà vedere l’accordo. Ma la partecipazione di capitali cinesi può essere immaginata come un anticipo dei costi del progetto. Ci vedo un’opportunità di crescita per noi e la restituzione del capitale alla Cina, che in cambio avrà certezza di una realizzazione rapida di una infrastruttura di trasporto su cui fare affidamento.
Nell’intesa fra Cccc e Autorità si parla di Servola. Se la Ferriera lasciasse posto alla logistica, il porto potrebbe riassorbire la manodopera?
Non è campo di mia competenza, ma certo lo sviluppo portuale permetterebbe la ricollocazione del personale. Il presidente D’Agostino dice che fra apporti diretti e indiretti, in porto lavorano 11 mila persone e siamo in crescita.
Tmt è alle prese con l’allungamento del Molo VII… L’ottenimento delle autorizzazioni è quasi concluso ed entro giugno cominceranno i lavori.
La gara ha tempi brevi. Avete già una short list?
Abbiamo fatto una richiesta di manifestazione di interesse e ne abbiamo ricevute cinque fra imprese singole e consorzi.
Ci sono anche i cinesi?
Non ci risulta.
Perché non avete chiuso la trattativa con Cccc, emersa durante la visita a Trieste del sottosegretario Geraci?
Non c’è mai stata.
A che serve l’allungamento del Molo VII?
Dopo il primo lotto potremo lavorare contemporaneamente su due navi da 14 mila teu ciascuna. A breve ordineremo inoltre due gru capaci di lavorare su navi con 24 file di contenitori. Con il secondo lotto si arriverà a due navi da 18 mila teu. E inoltre l’ormeggio 57 consente l’attracco di una terza nave da 10 mila teu. —
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