Il gazebo ripristina il confine a Salcano. C’è chi passa lo stesso dai valichi incustoditi

La tensostruttura protegge gli agenti di frontiera come faceva la pensilina abbattuta dopo l’allargamento dell’Ue 
L’ex valico di Salcano con il maxi gazebo montato per dare riparo alla polizia di frontiera durante i controlli ai veicoli in transito
L’ex valico di Salcano con il maxi gazebo montato per dare riparo alla polizia di frontiera durante i controlli ai veicoli in transito

GORIZIA. Un grande gazebo è comparso appena oltre la linea rossa che in fondo a via Montesanto divide Gorizia da Nova Gorica. La versione moderna delle pensiline in cemento armato di confine abbattute all’indomani dell’adesione della Slovenia all’Unione europea si trova lì dal fine settimana appena trascorso.

Il Trattato di Schengen aveva portato prima alla libera circolazione delle merci, poi delle persone e, dunque, se alcune delle strutture edificate ai valichi erano state mantenute, altre erano state abbattute. Del primo gruppo si può ricordare quella di via San Gabriele/Erjavceva ulica, del secondo proprio quella di Salcano.

La pandemia da Covid-19 ha però riportato le lancette del tempo indietro di molti anni e certe necessità storiche, che si pensavano ormai superate, sono tornate d’attualità. Se da parte italiana il confine resta teoricamente aperto (rimane comunque il divieto di uscire dalla regione, e quindi dallo Stato, a meno di comprovati motivi di necessità), da parte slovena - anche dopo la fine del lockdown - rimangono le limitazioni.

E, di conseguenza, sul confine restano i controlli. Ma fino a pochi giorni fa, senza la vecchia pensilina di cemento, gli agenti erano lasciati in balia degli eventi atmosferici. Evidentemente la cosa non è passata inosservata.

Sole, pioggia, vento e grandine ora sono solo un ricordo. Anche se la situazione è completamente diversa dai tempi della Guerra Fredda e la presenza della tensostruttura è ampiamente giustificata, la soluzione riporta in qualche modo alla mente gli anni delle divisioni e ha un che di vagamente impressionante per chi ci si ritrova di fronte.

Viceversa, sulla non lontana piazza della Transalpina, la situazione è tornata alla quasi normalità. Il nastro bianco con la scritta blu Stop Policija, che tagliava in due lo spazio transfrontaliero e che era apparso alla vigilia del lockdown del 1 aprile, è stato rimosso. Sul mosaico rimane solo il segnale temporaneo con il divieto di attraversamento pedonale.

Anche questo rappresenta un passo indietro di oltre due decenni, ma è pur sempre meno impattante della rete metallica posizionata lì lo scorso anno per 96 giorni. Nel periodo in cui la Slovenia aveva aderito al Trattato di Schengen, ma non aveva ancora permesso la libera circolazione delle persone, il piazzale faceva eccezione. La Transalpina era rimasta una sorta di zona franca dal momento che, a patto di non entrare nella stazione, era permesso passeggiare da un lato all’altro della piazza.

A Gorizia i punti di passaggio tra Italia e Slovenia rimangono quelli di Salcano (con il gazebo) e di Sant’Andrea. Sugli altri valichi sono presenti dei cartelli con il divieto di transito, ma dove non ci sono poliziotti, le indicazioni non vengono rispettate. Ieri mattina, in via Vittorio Veneto, nel giro di una manciata di minuti, hanno ignorato i segnali stradali cinque macchine e un pedone. Tutti hanno attraversato il confine, chi in un senso, chi nell’altro, come se fosse tutto normale.

«Per quanto riguarda l’Italia – fanno sapere dalla Questura – il confine non è mai stato chiuso, rimangono però tutte le prescrizioni per chi entra. Chi si reca in Slovenia poi deve giustificare il motivo del viaggio: pieno e sigarette non sono contemplati».
 

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