Il Fvg ha solo un mese per evitare la stangata da 2,4 miliardi

Scadrà il 31 gennaio, 60 giorni prima del previsto, il termine concesso alla giunta per rinegoziare con Roma gli importi del patto finanziario tra Stato e Regione
Il Palazzo sede della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia in piazza Unità d'Italia a Trieste
Il Palazzo sede della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia in piazza Unità d'Italia a Trieste

TRIESTE Trenta giorni di tempo, non uno di più. Scadrà il 31 gennaio, due mesi prima del previsto, il periodo a disposizione della Regione per siglare il nuovo patto finanziario con lo Stato. La legge di stabilità riduce infatti i margini di manovra per la giunta guidata da Massimiliano Fedriga, considerato che il termine per chiudere l’accordo con Roma era stato fissato al 31 marzo nelle precedenti versioni del testo.

Il governatore ha da tempo avviato il dialogo con il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, con cui la trattativa ricomincerà probabilmente subito dopo l’Epifania. Il tavolo verrà però aperto a Palazzo Chigi: prova dei buoni rapporti tra la giunta regionale e il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, ma anche volontà di garantire la continuità del dialogo qualora Tria finisca davvero nel rimpasto che Luigi Di Maio e Matteo Salvini potrebbero compiere ora che è stata approvata la finanziaria.

Il quadro è fissato dal comma 510 del ddl, dove si stabilisce che entro il 31 gennaio Stato e Regione dovranno trovare un’intesa sullo sconto che potrà essere riconosciuto rispetto agli 836 milioni di contributo (2,4 miliardi in tre anni) che il Fvg deve offrire ogni anno al risanamento della finanza pubblica. Ancora per quest’anno la cifra è ridotta di 120 milioni dall’effetto del patto Padoan-Serracchiani, ma dal 2020 si tornerà da 716 a 836 milioni, ovvero alle cifre previste dal precedente accordo Tondo-Tremonti.

Fedriga punta a rinegoziare, ma nel centrodestra non mancano preoccupazioni sulla possibilità di portare a casa quell’intesa vantaggiosa che è stata sbandierata come cruciale per tutta la campagna elettorale. È lo stesso governatore a non nascondere che il patto si potrebbe non trovare: «Io non firmo se non è vantaggioso per il Fvg. Anzi, nel caso, sono pure pronto a ricorrere alla Corte costituzionale visto che, a differenza di chi mi ha preceduto, non ho paura del governo amico».

Stoccata a Debora Serracchiani che ha preferito non portare davanti ai giudici una serie di contenziosi fra Regione e Stato su questioni fiscali. Un fronte che Fedriga potrebbe riaprire se l’intesa non si trovasse. Intanto il presidente ha evitato di chiudere un accordo giudicato finora non soddisfacente: si spiega così il mancato inserimento del patto riguardante il Fvg nella finanziaria, al contrario di quanto accaduto per Valle d’Aosta e Sicilia, giunte alla firma rispettivamente il 16 novembre e il 18 dicembre, la seconda ottenendo un alleggerimento di circa 900 milioni in tre anni.

Trento e Bolzano hanno invece stipulato nel 2014 un accordo valevole fino al 2020. Fedriga chiederà la stessa clausola di salvaguardia ottenuta dalle due Province autonome (e ora anche dalla Valle d’Aosta), per evitare che lo Stato possa innalzare il contributo alla finanza pubblica in modo unilaterale e cioè senza un’intesa preventiva. L’altro punto in discussione sarà l’innalzamento dei decimi di Iva che restano sul territorio regionale: erano 9,1 fino all’ultima rinegoziazione impostata da Serracchiani, che scese a 5,91 decimi in cambio dell’incremento di altre fonti di compartecipazione. Fedriga vorrebbe ora ritoccare la percentuale nuovamente all’insù, immaginando il generale innalzamento dell’imposta vigente in Italia, che potrebbe schizzare al 26,5% nel 2021 per via delle clausole di salvaguardia imposte al governo dall’Unione europea. —


 

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