Il futuro di Porto vecchio nel mix turismo-cultura
Le idee rappresentano il grimaldello che farà saltare via gli ultimi lucchetti che impediscono alla città di riconquistare il Porto vecchio. Ne sono convinti al Rotary Club Trieste, a tal punto da aver lanciato un concorso di idee, denominato “Porto vecchio dreaming”, che ha consentito di individuare undici progetti per il riuso dell’antico scalo marittimo triestino. L’iniziativa, che ha visto la collaborazione del Piccolo e il patrocinio dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale, ha permesso di mettere in piedi un incubatore di sogni che ha iniziato a lavorare a pieno regime in seguito alla sdemanializzazione di gran parte dei 65 ettari della vecchia area portuale.
«Non si torna più indietro», ha affermato il sindaco Roberto Dipiazza, sottolineando l’irreversibilità di un processo di cambiamento che dopo decenni di immobilismo sembra ormai avviato. Il primo cittadino ha partecipato a una tavola rotonda, moderata dal direttore del Piccolo Enzo D’Antona, alla quale hanno preso parte anche la presidente della Regione Debora Serracchiani e il presidente dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino. La scena se la sono presa le undici idee che sono state selezionate da una commissione tecnica del Rotary Club, presieduta da Pierpaolo Ferrante e composta dai professionisti Francesco Granbassi dello Studio Mark e Francesco Menegoni di g&life, ai quali è toccato il compito di scremare i 25 progetti pervenuti inizialmente. «Se l’economia del mare è un modello di business capace di generare crescita e occupazione - così la presidente del Rotary Maria Cristina Pedicchio -, il Porto vecchio è un sogno che sta per diventare realtà». Cultura, integrazione, viabilità, musealità, innovazione tecnologica, sostenibilità, conoscenza, vivibilità, attrattività e internazionalità: sono solo alcune delle parole chiave che sono state pronunciate nel corso dei diversi interventi. L’associazione PortoArte ha illustrato il progetto (H)all, che prevede l’autorecupero dell’ex refettorio, una palazzina vincolata che, una volta destinata ad attività culturali, potrebbe scatenare un processo di riconversione di tutto lo spazio circostante. L’Ogs, l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, ha proposto di trasferire in Porto vecchio l’Istituto del mare, nell’ambito di un grande polo scientifico, tecnologico ed espositivo, mentre l’architetto Claudio Visintini ha delineato una modifica dell’attuale viabilità per poter raggiungere il centro cittadino attraverso il Porto vecchio. Enrico Mazzoli ha intravisto in questa area la possibilità di creare un grande polo museale della scienza e della cultura, in modo da innescare un effetto volano per il turismo. Di «funzione sociale da ridare allo spazio urbano» ha parlato Fiorella Honsell, attraverso una presentazione che ha illustrato anche le possibili connessioni fra viabilità veicolare e mobilità sostenibile. Paolo Giribona ha delineato la possibile nascita di un centro altamente tecnologico dove possano aggregarsi delle aziende per lo sviluppo di soluzioni nel campo della salute, mentre ProgettiAmo Trieste ha visto nella creazione di una serra-mercato la possibilità di aumentare gli spazi dedicati all’agricoltura biologica sostenibile all’interno delle aree urbane.
L’Associazione Atlantis Mouxuom ha invece progettato un ambiente sottomarino, a impatto zero, da mettere a disposizione della ricerca scientifica e dell’economia del turismo. Simone Patternich, dal canto suo, si è prefisso di insediare un atelier di ricerca e formazione specializzato nel campo del design. Stefano Fantoni, presidente della Fit-Fondazione internazionale Trieste, ha puntato tutto sulla realizzazione di un grande Science Center di livello europeo nel Magazzino 26, da integrare con la Centrale idrodinamica e con la Sottostazione elettrica. Il presidente della Barcolana Mitja Gialuz, sulla scia del progetto che vedeva Trieste come possibile sede per le regate di vela, nel caso nel 2024 si fossero disputate le Olimpiadi a Roma, ha auspicato la creazione di una Accademia dedicata agli sport del mare. «In questi due anni passati a Trieste ho assistito a una crescita, non solo dell’area portuale, che non ho riscontrato in altre città - ha sottolineato D’Agostino -, tanto che in una recente intervista, rilasciata al Secolo XIX di Genova, il giornalista mi ha chiesto conto di questa isola felice che sembra essere questa parte del nordest italiano». La presidente Serracchiani, infine, ha descritto il Porto vecchio come «un luogo che deve riuscire a unire tradizione e innovazione. Per il futuro di Porto vecchio occorre mettere insieme pubblico e privato - le sue parole -. Abbiamo bisogno di luoghi dove far arrivare il turismo di qualità, senza dimenticare che cultura e scienza sono dei tasselli importanti per la crescita di questo territorio».
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