Il Fisco si accanisce sulla “pausa caffé”: rincari ai distributori automatici

Da gennaio arriva la stangata su bevande e snack a portata di chiavetta o monetina Ritocchi da 5 a 10 centesimi causa Iva. Colpiti 23 milioni di consumatori

TRIESTE. Da quel parallelepipedo variamente colorato spuntano ogni giorno, preziosi ammazza-fame, tè e caffè in bicchieri di plastica, merendine e wafer. Nelle versioni più moderne perfino lasagne e torte salate sottovuoto. È il vending, la distribuzione automatica. Un giro d’affari in Italia di 2,5 miliardi di euro all’anno, con oltre 1.000 aziende attive sul mercato e 30mila occupati, nonostante un’incidenza delle imposte sui ricavi superiore al 2%, più del doppio della media delle imprese del commercio e oltre il 50% della media nazionale. Comparto dunque ancora in salute nonostante la crisi, ma che rischia l’inversione di tendenza e una rapida emergenza. La colpa è dell’aumento dell’Iva: dal 4 al 10% a partire dal prossimo 1 gennaio.

Parliamo delle “macchinette”, protagoniste indiscusse delle pause caffè in uffici, scuole, fabbriche, ospedali, sale d’attesa, centri commerciali. La prima fu installata a Milano, nel 1953. Una lunga storia che incrocia ora il “babau” del fisco. L’inasprimento dell’imposta sulla somministrazione di alimenti e bevande attraverso i distributori automatici è previsto nel decreto legge 63 dello scorso 4 giugno. Caffè amaro per attività che interessano 23 milioni di consumatori, di cui almeno 10 milioni sono abituali. La categoria stima un aumento di 5 centesimi per espresso e bevande calde e di 10 centesimi per le bevande fredde e gli snack. «Tutto questo per finanziare il provvedimento dell’Ecobonus – attacca Lucio Pinetti, presidente di Confida, l’associazione della distribuzione automatica –. È così che si aggrava la crisi. Non solo dei consumi ma anche occupazionale». Un problema che toccherà non poco anche il Friuli Venezia Giulia, regione che, con le imprese di gestione, rappresenta il 10% del mercato totale del settore, mette assieme un fatturato di 30 milioni di euro e occupa 500 addetti sul territorio.

Una ricerca realizzata da Accenture per conto di Confida rende noto che il parco macchine installato in Italia nel 2012 è di circa 2,4 milioni di unità, di cui 1,6 milioni di piccoli distributori per ufficio funzionanti a capsule e cialde. I prodotti erogati in un anno toccano quota 6,3 miliardi, la stragrande maggioranza caffè (4,5 miliardi) e acqua (700 milioni di bottiglie da 0,5 litri). Numeri destinati a scendere nel prossimo anno, come è emerso ieri a Roma agli Stati generali del vending. Anche per questioni tecniche. «Non è evidentemente come aggiornare i listini e i registratori di cassa di un negozio – spiega Pinetti –. Centinaia di migliaia di distributori automatici dovranno essere adeguati con interventi mirati su ogni singola macchina e sistema di pagamento. Tutto ciò comporterà un costo diretto a carico delle imprese di circa 40 milioni di euro. Senza contare i tempi per sostituire i prezzi: serviranno dai 4 ai 5 mesi di lavoro».

Di qui il grido d’allarme: «Forse anche per colpa nostra non siamo stati capaci di far conoscere il nostro mondo, ma ora chiediamo ascolto. Sorprende tra l’altro che lo Stato abbia voluto colpire così tanti consumatori che, grazie al favorevole rapporto qualità prezzo, hanno trovato nel distributore automatico una valida soluzione di acquisto in questi anni di crisi».

L’associazione si muove anche con l’informazione. È partita infatti una campagna che intende raggiungere i clienti attraverso un milione di adesivi affissi sui distributori automatici installati in Italia. Il messaggio è chiaro: «L’aumento dell’Iva – dice ancora Pinetti – non è una nostra decisione ma un’imposizione del governo». Un aumento, anche quello dal 21 al 22%, che secondo il direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio Mariano Bella «ha abbassato il clima di fiducia degli italiani». Nello specifico, «l’incremento che colpisce le imprese del vending sottrarrà il prossimo anno 104 milioni di euro al circuito degli investimenti. Ci si avvia perciò verso la crisi, con riflessi inevitabili sull’occupazione».

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