Il filo spinato anti-migranti fa strage di selvaggina

Animali finiti nel “muro” che la Slovenia alza anche in Istria. Lubiana: limiteremo i danni per la comunità locale
Un animale rimasto intrappolato nel filo spinato (foto tratta dal sito jutarnji.hr)
Un animale rimasto intrappolato nel filo spinato (foto tratta dal sito jutarnji.hr)

ZAGABRIA. Foreste, campi, ruscelli, un chilometro dopo l'altro i veicoli dell'esercito sloveno proseguono la vivisezione del paesaggio dell'Istria, srotolando un lungo cordone di filo spinato. Un «ostacolo tecnico anti-migranti» che tra Rupa e Dragogna avrà come conseguenza quella di ferire e forse uccidere, con grandi sofferenze, una parte della fauna locale.

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Come del resto è già accaduto. Non solo dunque il filo spinato divide - come già notato da più voci - la convivenza delle genti istriane. «È certo che il filo spinato farà strage di selvaggina, com'è già successo in Gorski Kotar, a nord di Fiume», afferma al quotidiano locale Novi List Igor Barak, presidente della Comunità d'abitato di Rupa e consigliere comunale di Mattuglie. Per Barak la barriera, «costruita come se fossimo in guerra», semplicemente «non ha senso». «Qui non ci sono mai stati attraversamenti di massa di rifugiati diretti in Germania - prosegue il consigliere comunale - L'ultimo problema di questo tipo che abbiamo avuto riguardava i rumeni ed è successo oltre dieci anni fa».

«La barriera servirà a fermare gli animali e nient'altro», rincara la dose il quotidiano Glas Istre, che riporta il malcontento crescente sia in Slovenia che in Croazia per un «ostacolo tecnico» non soltanto inutile, ma persino dannoso. «Secondo i cacciatori, la domanda non è se ci sarà, ma quando sarà il primo cervo a rimanere impigliato nel filo spinato - prosegue il giornale istriano - E la cosa peggiore è che l'animale non morirà immediatamente, ma lentamente e tra molte sofferenze, che le guardie di frontiera potranno sicuramente sentire».

Ciononostante il governo di Miro Cerar sembra comunque intenzionato a fortificare 550 dei suoi 671 chilometri di frontiera comune con la Croazia. Persino in quei tratti, «già per natura difficili da attraversare», come nei pressi del fangoso fiume Dragogna, verso il valico di Castelvenere e di Plovania, dove il "muro" è stato innalzato tra ieri e l'altro ieri. «Per proteggere i cittadini», afferma il premier sloveno.

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Ma nell'Istria “senza confini" rinata con l'allargamento europeo la risposta di Cerar non convince nessuno. Tanto che per placare gli animi l'esecutivo ha inviato ieri in visita a Metlika e a Crnomelj il suo sottosegretario al ministero dell'Interno, Boštjan Šefic. L’esponente di Lubiana ha promesso di «trovare delle misure per alleviare le conseguenze» del filo spinato «per la comunità locale», al fine di preservare la gestione delle acque, il turismo e il buon proseguimento di alcuni progetti europei.

Ma limitare i danni non basta, quando è la stessa iniziativa del filo spinato a essere messa in discussione. E infatti dalla società civile slovena, è già arrivato un ricorso alla Corte costituzionale, ad aggiungersi alle cinque note diplomatiche di protesta recapitate da Zagabria.

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