Il dossier Trieste punta su navi a energia green. E Porto vecchio aspetta

Rifornimenti elettrici: Autorità, Acegas e Terna presentano il maxi piano a Conte Caccia ai fondi. La Regione lamenta di non essere coinvolta: «Così è anarchia»
Una nave portacontainer in Molo VII
Una nave portacontainer in Molo VII

TRIESTE Arriva da Trieste (e più precisamente dal suo porto) il primo progetto sottoposto dal Friuli Venezia Giulia al governo per ottenere i finanziamenti del Recovery Fund. Autorità portuale, Acegas e Terna puntano su un piano 45 milioni per elettrificare le banchine dello scalo, permettendo alle navi ormeggiate di avere corrente senza tenere i motori accesi.



La giunta regionale benedice e a sua volta chiederà a Roma di impegnarsi per lo sviluppo del Porto vecchio di Trieste, ma il presidente Massimiliano Fedriga critica il mancato coinvolgimento delle Regioni nel lavoro di coordinamento. Il governatore parla di «rischio anarchia», denunciando l’impossibilità di conoscere e indirizzare quanto bolle nelle pentole di grandi soggetti dell’industria e delle infrastrutture.



Fedriga non ha partecipato infatti all’incontro organizzato a margine della cerimonia conclusiva di Esof 2020 tra il premier Giuseppe Conte, il ministro Stefano Patuanelli, il presidente dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino e il ceo di Costa crociere Michael Thamm. Occasione per presentare al premier il progetto triestino, che fa parte di un pacchetto di decine di proposte che l’Authority ha nel cassetto e che si giocherà qualora emergano altre occasioni per attingere ai fondi europei.

La punta di diamante è però il piano legato al cosiddetto cold ironing, ovvero la possibilità per le navi di attingere alla rete elettrica per alimentarsi, spegnando gli inquinanti e rumorosi motori a combustibile fossile che oggi restano accesi anche in ormeggio. Il progetto dell’Autorità portuale costa 15 milioni, necessari a realizzare una serie di sottostazioni elettriche con cui portare energia in Porto vecchio, alla Stazione marittima, sui moli del porto nuovo e nelle aree di sviluppo a est dell’oleodotto. Ogni banchina sarebbe così dotata delle attrezzature per consentire alle navi da crociera (le più energivore) e a quelle mercantili di collegarsi alla rete. Il progetto mira inoltre a creare infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici che sempre più saranno impiegati nello scalo e a portare maggiori flussi di corrente verso aree industriali come il Coselag e FreeEste, per le auspicabili occasioni di sviluppo della manifattura legata ai traffici.

La transizione energetica condurrà insomma a un maggiore impiego dell’elettricità e ai picchi che si verificheranno all’arrivo di piccole città galleggianti come sono le navi bianche. E se l’Autorità portuale si occupa dell’ultimo miglio, un parallelo progetto di Acegas e Terna servirà a portare a Trieste ulteriori quantità di corrente, da dirottare in parte verso i moli. Con un impegno da trenta milioni, le due società vorrebbero incrementare la portata della linea che collega Redipuglia a Padriciano, ma soprattutto creare un sistema smart, capace di assicurare una più efficiente gestione della rete. Il progetto parte dalla previsione di un cospicuo aumento dell’impiego di pannelli fotovoltaici nel prossimo futuro: si punta allora a realizzare un sistema di accumulo dell’energia eccedente prodotta dai pannelli dei privati e di successiva distribuzione, in modo tale da alimentare i bisogni di energia crescenti della città e in particolare quelli del porto, senza dover creare nuove centrali. Ma le fonti rinnovabili non bastano e per questo si dovrà accrescere la portata della linea da Redipuglia, senza escludere l’impiego di nuovi cavi che potrebbero essere posati sui fondali marini.

Il Recovery Fund valorizza anzitutto la sostenibilità ambientale e per l’Autorità portuale il cold ironing appare la prospettiva più spendibile, ma il porto ha accumulato negli anni decine di progetti da tirare fuori alla bisogna: sommandoli tutti si supera agevolmente il miliardo di euro, dall’ampliamento delle banchine esistenti alle bonifiche dei terreni inquinati, dall’aumento della capacità ferroviaria alla realizzazione del piano regolatore per il porto di Monfalcone, fino allo sviluppo delle potenzialità del digitale nella gestione dei flussi di veicoli e nell’impiego sicuro dei dati.

Il progetto principe è emerso solo perché presentato a Conte dopo un evento ufficiale e non è dato a sapere se altri soggetti stiano lavorando per sottoporre al governo idee finanziabili. Il presidente Fedriga allarga le braccia: «Purtroppo è l’anarchia e, se non ci sarà coordinamento con i territori, sarà un fallimento. Le Regioni non sono in grado di sapere cosa stanno progettando i vari player e chiedono da settimane di essere coinvolte».

Ma il governatore non vuol stare con le mani in mano e un’azione di lobbying è già stata avviata nei confronti di Roma. «Ne ho parlato a Conte», dice Fedriga, che per Trieste vede «la riqualificazione del Porto vecchio, dove potremo portare tutta la parte di ricerca e innovazione. Il sindaco Dipiazza mi dice che ci sono molte manifestazioni di interesse e ora vanno approvati Accordo di programma e variante entro alcune settimane». Per Udine esiste invece un progetto da un miliardo per riqualificare i trasporti ferroviari: «Non è possibile che la ferrovia continui ad attraversare la città tagliandola in due». —


 

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