Il dormitorio dei disperati un intero treno fuori uso
di Laura Tonero
Fuori la scritta Ferrovie dello Stato, dentro un rifugio per disperati, pregiudicati, senzatetto. Un intero treno inutilizzato, posteggiato al limite estremo della stazione ferroviaria, tra l’area portuale e il fascio dei binari, è stato da tre mesi trasformato in un dormitorio dai clochard. I vagoni un tempo ospitavano i viaggiatori; oggi vi soggiornano decine di persone in cerca di riparo. E con la città nella morsa del gelo gli inquilini di quel treno della disperazione sono aumentati. Chi bazzica nella zona di via Flavio Gioia riferisce che anche chi fa le pulizie sui treni in partenza ogni mattina è costretto a far sgombrare diverse persone.
Chi di giorno sta nell’atrio della stazione ferroviaria o di quella delle corriere, chi chiede l’elemosina, appena cala la sera si rifugia lì. Di notte uomini e donne di lingue diverse diventano ombre che passano nei varchi delle recinzione, oltrepassano il limite d’accesso, costeggiano i binari e s'infilano in quei vagoni sulle cui fiancate qualcuno ha dipinto dei murales. Un gruppo di triestini ha smontato parte dei sedili accatastandoli in un angolo, così da poter formare una specie di letto. Tre strati di vecchie coperte, quattro di cartoni contro l’umidità, altre coperte. Ma in questi giorni il termometro che hanno sistemato in uno dei vagoni segna anche i -4. E l’acqua che portano per lavarsi gela.
Alcune foto spedite al giornale via web descrivono le condizioni in cui una trentina di persone è costretta a vivere nel 2012, nella civile Trieste, quando fino agli anni Sessanta per chi non aveva un tetto c’erano due alloggi popolari, in via Gozzi e in via Pondares. Oggi i posti letto offerti dalle Comunità di San Martino al Campo e Sant’Egidio - alcuni finanziati dal Comune - sono 60. Ulteriori 10 dall’altra sera li ha allestiti il Municipio in un proprio alloggio di via San Lazzaro.
Ma lo sforzo non pare sufficiente. Nei vagoni dei senzatetto manca l’elettricità. «Lì ci ripariamo, dormiamo – dice chi ci vive – non cuciniamo, stiamo attenti con le sigarette: cartoni e coperte potrebbero prendere fuoco».
«Io e i miei compagni dormiamo lì da mesi – racconta Michele Vurro – al dormitorio di via Udine è difficile trovare un posto, quindi ci arrangiamo. Dove dovremmo andare con questo freddo? A morire in qualche angolo nascosto senza creare imbarazzo?»
Nato a Torino ma originario di Barletta, Vurro giunse a Trieste con una cooperativa che partecipò alla costruzione delle Torri d’Europa. Finito quel lavoro, non ha trovato un’altra occupazione. Ha commesso diversi reati: furto, detenzione di stupefacenti, tentata estorsione. «Sono iscritto all’ufficio di collocamento – riferisce – sono anche andato a fare il carpentiere in Germania. Se trovassi un lavoro, anche da poche centinaia di euro, lascerei subito la strada. Questa è una vita che ti consuma, ti toglie ogni dignità».
Malgrado non veda la sua famiglia da oltre 11 anni, Vurro risulta ancora sposato. «Questa città fornisce ai senzatetto un tipo di assistenza che non stimola a uscire da questa situazione – dice – la gente andrebbe accompagnata in una percorso di rinascita, non di misera sopravvivenza alla giornata».
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