Il dolore di un’intera città In migliaia per Stefano Gorizia fra le lacrime e i girasoli

Un pellegrinaggio continuo alla chiesa del Sacro Cuore dà l’addio al ragazzo e poi i funerali a Straccis in un campo che non riesce a contenere la folla
Bumbaca Gorizia 30_07_2020 Veglia per Stefano Borghes © Foto Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 30_07_2020 Veglia per Stefano Borghes © Foto Pierluigi Bumbaca



I girasoli sulla bara di legno chiaro. La foto di Stefano nella cornice d’argento. I 20 palloncini bianchi che volano verso Nord spinti dal vento accompagnati da un applauso straziante. La commozione, il dolore, la speranza, la fede. Il caldo torrido, le ombre lunghe del tardo pomeriggio, qualche lieve bava di vento a dare sollievo. Il contapersone all’ingresso. Le mascherine, il gel disinfettante. Gli ombrelli aperti per ripararsi dai raggi del sole, i cappellini da baseball, gli occhiali scuri per nascondere le lacrime. I ventagli. Le magliette arancioni, verdi, rosse e gialle dei centri estivi e quelle blu dell’Azzurra. Le porte di calcio di fronte e dietro all’altare. L’erba tagliata alla perfezione. I parroci dell’Arcidiocesi schierati in fila uno accanto all’altro. Il crocifisso con il Cristo in legno scuro. Il coro, le canzoni. I bambini, gli adolescenti, gli adulti, gli anziani. I padri e i figli, le madri e le figlie.

Non sono bastati i mille posti allestiti sul prato dello stadio Bonansea di Straccis. C’è chi per portare il proprio saluto a Stefano Borghes si è dovuto assiepare dietro la recinzione del campo sportivo e chi invece ha potuto seguito la funzione religiosa presieduta dall’arcivescovo Carlo Maria Redaelli dalla finestra o dal balcone di casa.

Come era facile immaginare, la partecipazione al funerale del tredicenne precipitato la mattina di mercoledì scorso nel pozzo del parco di Coronini Cronberg è stata ampia. Che i limiti imposti dall’emergenza Covid-19 avrebbero reso insufficiente anche lo spazio del campo da calcio lo si era capito già nel primo pomeriggio, quando la bara è stata esposta nella navata della chiesa del Sacro Cuore. Il via vai è stato continuo fino al trasferimento del feretro a Straccis. Poco prima del suo arrivo – per un istante – nello stadio è sceso un silenzio assoluto, rotto solo dal suono dei rintocchi delle campane in lontananza.

«Siamo qui con tanta sofferenza, ma anche con tanta vicinanza a Stefano e alla sua famiglia», ha premesso monsignor Carlo Maria Redaelli invitando ad avere speranza.

«Ci saranno tante verità, intorno a Stefano e alla sua morte – ha detto invece don Stefano Goina nel corso dell’omelia –: quella giudiziaria, che deve fare il suo corso, ma non è certo quella definitiva; quelle di chi lo conosceva, come tanti punti di vista, tanti ricordi, esperienze fatte insieme, notizie raccolte qua e là, ma che non dicono tutto e non potranno mai dir tutto su Stefano, che aveva davanti tantissime possibilità da esplorare e tante strade da poter percorrere: la musica, lo sport, lo studio. Ed eccoci qui, noi, insieme, sotto il sole di questa torrida giornata, per dare un ultimo saluto a Stefano, accompagnando con la nostra presenza i suoi familiari. Siamo coscienti di quanto abbiamo perduto. Domenica scorsa, nella chiesa di San Giusto, c’era un mazzetto di fiori e un lumino a occupare la sedia su cui spesso si sedeva Stefano; ma non era l’unico posto da lui occupato; ce n’era anche uno nella sua squadra di calcio, e soprattutto nella sua casa, nella sua famiglia, e tra i suoi amici. Stefano non li occuperà più. Siamo coscienti, e sicuramente lo diventeremo ancor di più nei prossimi giorni, degli spazi che lui ha lasciato vuoti».

Tra le tante autorità presenti, defilati e provati pure loro, c’erano anche il sindaco, e presidente della Fondazione Coronini Cronberg Rodolfo Ziberna e il direttore della stessa Enrico Graziano. La tragedia del pozzo ha coinvolto emotivamente l’intera comunità perché si è immedesimata e ha fatto suo il dolore della famiglia Borghes. L’incidente è avvenuto in una situazione di teorica sicurezza e sarebbe potuto accadere a chiunque: chiunque cioé quel giorno avrebbe potuto trovarsi al posto di Stefano. —

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