Il destino di sessanta lavoratori legato al futuro incerto del Cara

I sindacati esprimono preoccupazione riguardo all’ipotetica chiusura del centro «Se non sarà ricompreso nella gara d’appalto del Cpr, ci sarà il taglio d’organico»
Bumbaca Gorizia 26.06.2018 Fedriga Gradisca e Cara © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 26.06.2018 Fedriga Gradisca e Cara © Fotografia di Pierluigi Bumbaca



I “paletti” che saranno fissati dalla gara d’appalto per la gestione del nascituro Centro permanente per i rimpatri di Gradisca avrà le sue ripercussioni sulla sessantina di operatori che attualmente si occupano della gestione dell’altro centro migranti di Gradisca, il Cara. Il timore viene espresso da Michele Lampe, componente della segreteria regionale di Uil-Fpl. «Tante incognite in vista della gara d’appalto. Incognite che riguardano lavoratori che per il 95% provengono dall’Isontino. Vigileremo affinché ancora una volta il territorio non debba pagare un prezzo elevatissimo».

Come anticipato ieri dal prefetto di Gorizia, Massimo Marchesiello, la gestione del Cara, attualmente affidata alla coop isontina Minerva, terminerà con tutta probabilità a fine aprile. Dopo quella data, conclusi i lavori di ripristino di sbarre e dispositivi di sicurezza e stabilito il contingente di forze dell’ordine da destinare all’ex Polonio, il Cpr e la detenzione amministrativa degli immigrati con posizione irregolare saranno realtà. Ma al momento poco si sa del destino del vicino Cara. Verrà chiuso, come l’amministrazione comunale gradiscana richiede da tempo con parere – diciamo così – non contrario da parte del precedente ministro Minniti (che rassicurò a riguardo il sindaco Tomasinsig e l’allora presidente Serracchiani) così come del governatore regionale Fedriga? Sarà progressivamente svuotato delle sue attuali 200 presenze? O si andrà verso la convivenza fra le due strutture, la cui gestione sarà dunque inserita in un unico bando? Domande cui il prefetto non ha potuto dare risposte («Attendiamo ancora gli imput politici») ma che i sindacati hanno iniziato a porsi da tempo, anche e soprattutto alla luce dei tagli al sistema di accoglienza contenuti nel cosiddetto “Decreto Salvini”. Decreto che come noto dà una decisa sforbiciata ai servizi alla persona, a partire da quelli per l’integrazione, che letteralmente spariscono: con una riduzione dei famosi 35 euro di costo giornaliero previsto per ogni migrante accolto, a un elastico che secondo le stime varia fra i 19 e i 26 euro.

«I punti di domanda sono ancora troppi per non chiederci se il nuovo sistema sarà realmente sostenibile – spiega Lampe –. Per capirci : la gestione di un Cpr presenta costi di gestione e responsabilità molto più elevate, per la sua particolare natura detentiva, ma il Viminale sembra prevedere molte meno risorse per garantire i servizi. Il rischio è chiaro: per le imprese che fanno qualità il gioco potrebbe non valere la candela e le imprese più serie potrebbero anche non partecipare al bando. Uno scenario ben diverso da alcuni anni fa, quando per la gestione dell’ex Polonio vi furono interessamenti da tutta Italia e persino da oltralpe, con la francese Gepsa (gestore delle carceri transalpine). Senza contare l’incognita sul Cara: sarà ricompreso o meno nella gara d’appalto? Quel che è certo è che come al solito chi rischia di fare le spese di queste politiche è l’anello più debole della catena, quello dei lavoratori: vuoi con tagli di organico, vuoi con tagli ai salari. Su questo – assicura – vigileremo come non mai. Gli operatori di Gradisca hanno maturato ormai una esperienza e professionalità pluriennali, avendo gestito sia l’accoglienza dei richiedenti asilo, sia l’allora Cpt/Cie che del Cpr è il predecessore». —



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