Il debutto degli ex dem, il rebus civiche e il miraggio del listone della sinistra

Italia Viva e Azione guardano già alle prossime comunali. Gli ex comunisti invece si chiamano fuori. E i Cittadini studiano 

TRIESTE Per il Pd sono partiti che sposteranno poco alle urne. Qualcuno, più velenoso, dice: «Presenze irrilevanti». Ma Italia Viva e Azione, le costole dem che hanno seguito chi Matteo Renzi, chi Carlo Calenda, battono un colpo, assicurano che saranno in campo alle comunali di Trieste e intanto provano a strutturarsi sul territorio. La pandemia ha però allungato i tempi e i segnali di vita a parole andranno concretizzati. Come per tutti i piccoli partiti del Friuli Venezia Giulia, a partire da quelli più a sinistra, apparentemente ancora più indietro rispetto a una prospettiva elettorale. Perché se Italia Viva e Azione hanno almeno l’entusiasmo della partenza, nell’area che fu comunista si ammette che, al momento, non c’è alcuna dialettica in corso.

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Non stupisce così che alle prossime amministrative Sinistra italiana, Mdp Articolo 1, Rifondazione Comunista e Open Fvg, il solo movimento rappresentato in Consiglio regionale, non presenteranno né liste né candidati sindaci. Le tessere? Fanno parte del passato. Restano le idee, quelle che i segretari Marco Duriavig, Mauro Cedarmas, Roberto Criscitiello, Giulio Lauri, che di Open è presidente, continuano a difendere e rilanciare, senza però che emerga una proposta strutturata, premessa di una vera alternativa, nonostante la convinzione di dover contrastare politiche di destra che si ritiene causa di posizioni estreme come quelle di CasaPound. «Un gravissimo atto di intimidazione razzista e fascista», ha tuonato Furio Honsell, consigliere di Open Fvg, nel giorno dell’irruzione in aula, parole in linea con altre dure uscite dell’ex sindaco di Udine che continua a battersi in solitaria, nell’attesa (sempre vana ultimamente) che si possa costruire un progetto competitivo. Tanto che il listone unico della sinistra per Trieste 2021 rimane per adesso solo un’ipotesi sulla carta.

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Chi già guarda al capoluogo regionale sono invece gli ex Pd. I renziani hanno strappato ai dem il parlamentare di lungo corso Ettore Rosato (che di Italia Viva è il presidente nazionale) e l’ex segretaria regionale Antonella Grim, l’ex vicepresidente della Provincia di Trieste Walter Godina e l’ex vicesegretaria triestina Melania Salina. Italia Viva non ha coordinatori regionali, ma coppie di coordinatori provinciali. Un uomo e una donna: per Trieste, con Grim, c’è Gianfranco Depinguente, per Gorizia Simone Faillace e Morena Fontana. In squadra c’è anche l’ex assessore regionale Maria Sandra Telesca, in un contesto che arruola non solo ex Pd, ma indipendenti e persone mai prima in politica. Niente tesseramento tradizionale, in Italia Viva ci si iscrive online, mentre l’attività si svolge attraverso i circoli tematici territoriali, cui possono partecipare pure esterni (al momento tra iscritti e “ospiti” siamo a quota 680). A Trieste sono convocati i circo su sanità, scuola, cultura e pari opportunità, industria e commercio, terzo settore, università, Europa. Iniziative propedeutiche a preparare il percorso verso le comunali, a sostegno di un candidato che rassicuri l’elettorato liberal-democratico di riferimento su una visione anti-populista e riformista.

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Ma c’è anche Azione che, pur se da una posizione ancora più lontana rispetto al Pd, di cui è oppositore a Roma, fa ragionamenti non troppo diversi sui contenuti. Il movimento di a Calenda si era presentato in regione a gennaio, anticipando il debutto alle amministrative nel 2021. Con l’ex europarlamentare Isabella De Monte, componente del comitato promotore e referente regionale, lavorano Sante Dicuzzo a Trieste e Paolo Carlotta a Gorizia. A fine giugno gli iscritti erano 300, le parole d’ordine sono stop al populismo e all’estremismo della destra, ma c’è anche l’altolà a quelle che i calendiani, mettendo il Pd nel mirino, chiamano «alleanze di comodo» (tradotto: mai con un Pd alleato con i 5 Stelle). L’intenzione, al primo turno, è dunque provare ad andare da soli, con un candidato sindaco, da presentare, chissà, nel congresso regionale previsto a fine anno. Cercando, se possibile, di allargare il campo alla stessa Italia Viva, a +Europa, ai Radicali. Più in là l’obiettivo è lavorare per la Regione 2023, occasione forse per prendere il posto, o comunque affiancare, quei Cittadini che, rappresentati da Simona Liguori e Tiziano Centis, hanno sostenuto Sergio Bolzonello e il Pd, sono alla quarta legislatura consecutiva in piazza Oberdan, ma, come dichiarato dal fondatore Bruno Malattia, hanno avuto contatti sia con Renzi che con Calenda.

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Il panorama a centrosinistra, almeno consiliare, è completato da Slovenska Skupnost e Igor Gavbrovec. Secondo alcuni ci sarebbe poi il Patto per l’Autonomia, «sempre più vicino al Pd». Ma a sentire Massimo Moretuzzo, il capogruppo, il Patto è invece «saldamente ancorato» alla sua linea politica «civica», quella che porta «inevitabilmente ad andare contro Casapound, nazionalisti e sovranisti, senza necessariamente essere di centrosinistra». Il Patto, tra tutti i “piccoli”, è comunque il più avanti, con sindaci in carica a Capriva, Campoformido, Castions, Forni Avoltri, Mereto, Tramonti di Sotto, Valvasone (dove il presidente del movimento Markus Maurmair si ricandida, con il Patto pure a Claut e Travesio) e una presenza in una quarantina di Comuni. Si punta anche a Trieste, con un lavoro già avviato assieme a un gruppo di giovani legati all’ambientalismo e naturalmente all’autonomia. Prematuro dire oggi da che parte andranno, ma il Patto «in qualche modo ci sarà».

Partita tutta personale, infine, quella di Walter Zalukar, il primo dei non eletti di Forza Italia alla conta 2018, subentrato a Piero Camber e molto in fretta seduto sui banchi del Misto. Fortino da cui l’ex responsabile del Pronto soccorso triestino fa partire ripetuti attacchi alla gestione sanitaria della giunta e del “nemico” assessore competente Riccardo Riccardi. Uno stillicidio di denunce, sospetti, richieste di spiegazioni. Tanto più in tempi di Covid, Zalukar non ne ha fatta passare una. —

5. - continua




 

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