Il crocifisso entra in Consiglio regionalePdl: "È la risposta alla Corte europea"
«Esposizione del crocifisso in Aula». È questo il quarto punto all’ordine del giorno dell’odierno Ufficio di presidenza. E ciò significa che, già dalla seduta di fine novembre, il Consiglio regionale potrebbe esporre il simbolo della cristianità. La decisione verrà presa dall’Ufficio di presidenza, in programma a Trieste, e dovrebbe essere adottata - salvo ssorprese - con l’accordo di tutta la maggioranza
TRIESTE
«Esposizione del crocifisso in Aula». È il quarto punto all’ordine del giorno dell’odierno Ufficio di presidenza e significa che, già dalla seduta di fine novembre, il Consiglio regionale potrebbe esporre il simbolo della religione cattolica. Quello che, sinora, non c’era. La decisione verrà presa dall’Ufficio di presidenza, in programma oggi a Trieste, e dovrebbe essere adottata con l’accordo di tutta la maggioranza, nonostante le obiezioni dell’opposizione. «Non avrei mai pensato di farlo ma credo sia necessaria una risposta alla sentenza della Corte Europea dei Diritti» afferma Ballaman.
Come noto, la Corte aveva dato ragione a una mamma finlandese in Italia che aveva chiesto un risarcimento per l’esposizione del crocifisso nella scuola del figlio. Il Popolo della Libertà aveva subito presentato una mozione, firmata dai consiglieri Paolo Ciani, Piero Tononi, Paride Cargnelutti e Antonio Pedicini che chiedeva proprio di esporre il simbolo religioso nell’emiciclo di piazza Oberdan, «quale segno della nostra tradizione culturale, identità nazionale e regionale». Anche l’Udc, attraverso il capogruppo Edoardo Sasco (che già aveva avanzato una richiesta analoga nel 2002), aveva presentato un’istanza al presidente del Consiglio regionale per arrivare allo stesso obiettivo, sottolineando «il grande significato e i valori richiamati dal crocifisso quale simbolo di pace, rispetto e tolleranza reciproca e di valori universali largamente condivisi».
Ballaman preferisce evitare la mozione e la conseguente discussione in aula, portando la questione direttamente all’attenzione dell’Ufficio di presidenza. «Sono favorevole all’esposizione del crocifisso – afferma il presidente – in quanto lo considero non solo un simbolo religioso ma soprattutto il simbolo di una cultura e di una tradizione che va dal Portogallo alla Russia». Una scelta che, se confermata dalla riunione di oggi, non potrà che essere letta come reazione alla sentenza della Corte Europea. «È necessario far capire – aggiunge Ballaman – che non è a colpi di sentenze che si possono distruggere una cultura e delle radici».
L’opposizione, però, si schiera contro l’ipotesi di collocare il crocifisso in aula, anche quella parte del Pd di estrazione cattolica. «Siamo stufi di queste continue strumentalizzazioni in nome della fede. – dichiara Franco Brussa (Pd) – Se si sente questa necessità soltanto nel momento in cui c’è una sentenza che dice altro, significa che si tratta di una proposta strumentale. Il significato del crocifisso deve essere ben presente a prescindere dalle sentenze».
Brussa attacca la Lega che da una parte raccoglie firme per difendere il crocifisso, «dall’altra propone leggi che contraddicono i valori cristiani della solidarietà e dell’accoglienza». Critico anche il vicecapogruppo del Pd, Mauro Travanut, secondo cui «fare forzatamente l’opposto di quanto dice la sentenza è un atto arrogante. Per rispetto a una cultura millenaria, chi dimostra tale sciatteria intellettuale va fermato perché denota una visione cieca e una cultura bassa e poco rispettosa del simbolo di cui parliamo».
Contrario anche Roberto Antonaz (Rifondazione Comunista) che richiama il principio di ”libera Chiesa in libero Stato”: «Le istituzioni devono essere laiche, pur nel massimo rispetto per il crocifisso e senza alcuna tendenza anticattolica». Secondo Antonaz «si cerca continuamente di dare una concezione di conflitto tra religioni quando in realtà la sentenza della Corte Europea riconosce semplicemente anche ai non credenti il diritto di uno Stato non permeato dalla religione».
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