Il Cral può restare alla Marittima L’Authority pagherà la nuova sede

Il giudice ha deciso: non c’è raddoppio del Magazzino 42 che tenga. Proprietario e gestore del neonato superterminal crociere - rispettivamente l’Authority per conto dello Stato e la Ttp privatizzata - devono farsene una ragione: la Stazione marittima fresca di protesi per richiamare sempre più navi bianche a Trieste continuerà infatti a convivere, ragionevolmente per altri tre anni, con l’attuale destinazione della Sala Vittoria, costola del Magazzino 42 originario adibita come è noto a quartier generale del Cral del Porto, lo storico dopolavoro dei “portuali”. Già, l’inquilino di troppo, l’ospite scomodo di cui proprio l’Autorità portuale, di nome, e la Ttp, di fatto, d’ora in poi avrebbero fatto volentieri a meno.
Tre anni, si diceva, perché dovrebbe essere più o meno questo il lasso di tempo necessario alla realizzazione e all’arredo, a spese dell’Authority e in favore del Cral, di una sede alternativa alla Sala Vittoria. Sede i cui spazi - 451 metri quadrati in tutto - sono peraltro già stati individuati all’interno del Magazzino 93, nella Torre del Lloyd, a fianco della nuova palestra da altri 640 mq che il circolo dei “portuali” ha già avuto in dote sotto Boniciolli.
È una partita che costa una cifra tra i 250 e i 350mila euro. Soldi che - da quanto emerso nel corso delle recentissime trattative finalizzate, ma senza successo, a scongiurare l’intervento del giudice - secondo l’Autorità portuale dovevano essere a carico del Cral, in cambio dell’esenzione di un “tot” di annualità altrimenti dovute all’ente per la sua concessione degli spazi. Soldi che invece, recita un’ordinanza appena uscita dal Tribunale, dovrà mettere la stessa Authority.
Il fatto è che pacta sunt servanda. Gli accordi, firmati per giunta davanti a un giudice, non si stracciano unilateralmente, ricorda la “calda” ordinanza scritta nel palazzo di Foro Ulpiano. E pazienza se nel frattempo molta ne è passata, di acqua. Acqua di mare, tanto per restare in tema. Scherzi del calendario, a richiamare proprio sotto Barcolana l’Autorità portuale al rispetto di tali accordi ancorché vecchissimi - accordi che per inciso blindavano il quartier generale del Cral dentro la Sala Vittoria della Marittima finché il circolo non ne avesse ricevuta un’altra - è stato appunto un giudice. Il giudice del lavoro Annalisa Multari: è sua l’ordinanza che accoglie il ricorso urgente in via cautelare presentato quest’estate dall’avvocato Paolo Stern su mandato del direttivo del Cral presieduto da Lorenzo Deferri. Un ricorso - così raccontano le cronache del 2012 - che il circolo aveva deciso di promuovere dopo aver ricevuto sotto Pasqua un paio di missive che intimavano la restituzione delle chiavi della Sala Vittoria, e dopo altrettanti tentativi andati a vuoto di discutere a bocce ferme con Marina Monassi in persona, numero uno dell’Authority in carica.
Il giudice Multari ha accolto totalmente il ricorso e dato torto all’Autorità portuale di Monassi, se è vero che le «ordina di collocare a proprie spese la sede del Cral e le strutture ricreative indicate, ad eccezione della palestra già realizzata, in un’area adeguata per l’espletamento delle attività sociali, consentendo in attesa dell’allestimento dei locali, che l’associazione prosegua la propria attività nella sede attuale corrispondendo il canone versato ad oggi in ragione della licenza non più rinnovata».
La causa è stata fatta davanti al giudice del lavoro, piuttosto che a quello amministrativo (il Tar), perché era a degli accordi sottoscritti nel ’91 dai sindacati e dall’allora Ente Porto, proprio davanti al giudice del lavoro, che il Cral si richiamava. Accordi racchiusi in un contratto di transazione che ben 21 anni or sono metteva la parola fine a una serie di contenziosi sui contributi dovuti dall’Ente fra il 1981 e il 1986 in base al Regolamento per il personale. In quel verbale - scrive fra l’altro il giudice Multari - «l’Ente Porto si obbligava a mettere a disposizione del Cral una nuova sede, individuata nella Torre del Lloyd e consistente in un'area non inferiore ai duemila metri quadrati».
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